Archivio News

Home/Archivio News/

Commento alla Parola domenicale

17 settembre

XXIV domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Quante volte dovrò perdonare… Pietro, da uomo con i piedi per terra qual era si rende conto dai discorsi che sta ascoltando da parte di Gesù, che il perdono è un qualcosa da cui sarà chiamato a non sottrarsi, una questione con cui sarà chiamato a fare i conti nel suo essere discepolo di Gesù. Ma, d’altro canto sembra voler porre dei limiti a questo perdono… 7 volte… era già molto più di quanto chiedesse la legge ebraica ed è il numero della pienezza, un perdono pieno totale, ma Gesù risponde con ben altra cifra: 70 volte 7, che non vuol dire 490 volte… siamo ancora all’interno di numeri simbolici che significano una pienezza che va al di là del calcolo umano e la parabola ce la fa capire perché ci aiuta a tornare all’origine del perdono.

Anzitutto la parabola ci riporta al grande fatto che tutti siamo debitori… quanto ci fa male questa parola, oggi, dove ognuno si illude di non aver bisogno di nessuno di sapere tutto, di poter decidere lui su tutto e tutti, oggi dove il mito è il mi sono fatto da solo, dove l’altro lo rinchiudo in pregiudizi e precomprensioni che non me lo fanno incontrare veramente per chi è e per ciò che può darmi in termini di vicinanza fraterna… invece Gesù ci riporta con i piedi per terra e ci ricorda che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo debiti verso altri (e non sono debiti economici), e, se proviamo a guardarci dentro con onestà e trasparenza possiamo riconoscere come è grande il nostro debito verso il Signore, quanto amore Lui ha posto nella nostra esistenza e quanto poco noi siamo in grado di restituire a lui con i nostri gesti quotidiani, ma non solo, quante volte abbiamo bisogno del perdono non solo di Dio ma anche della comunità dei fratelli che abbiamo accanto, quante volte il mio vicino mi perdona…

Il Signore offre il condono al suo debitore ma implicitamente gli chiede di fare altrettanto verso i suoi fratelli, alla voce degli altri servi che dispiaciuti gli riferiscono di quel cuore duro, incapace di restituire perdono, il padrone è sdegnato perché riconosce che quel cuore si è solo approfittato della bontà e magnanimità del suo padrone ma non l’ha resa un’occasione di crescita, di incontro con quel padrone. Dio Padre vuole che impariamo da lui il nostro modo di stare insieme. Non è un incontro commerciale quello che facciamo con lui… ti regalo trequarti d’ora alla settimana, però tu in cambio… ma è un incontro dal quale siamo chiamati a trasfigurarci in un certo senso e a diventare sempre più simili a lui, non certo perché diventiamo capaci di un amore grande come il suo, ma perché proviamo a mettere in pratica nei nostri incontri quotidiani quella misericordia e quel perdono che, qui, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle come la caratteristica distintiva del nostro Padre celeste.

Possa essere la nostra vita e la nostra comunità trasparenza del cuore di Dio.

Di |2017-09-15T12:02:58+02:0016/09/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

10 settembre

XXIII domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Quest’oggi il Vangelo ci pone di fronte ad un argomento che nella storia della Chiesa possiamo dire essere sempre stato piuttosto scottante e, altrettanto, possiamo dire che non ha perso di temperatura nell’epoca contemporanea. In effetti se in passato, a volte si è corso il rischio di interpretare queste parole nella direzione della condanna per quanti si ponevano in maniera critica nei confronti della fede o per quanti anche solo la pensavano in maniera un po’ diversa, oggi il pendolo corre il rischio di essere dall’altra parte, dove a causa della tanto declamata privacy o del crescente individualismo, che altro non sono che i due lati della stessa medaglia, si corre il rischio di non potersi non solo correggere ma, a volte, nemmeno confrontare rispetto ad atteggiamenti o a dimensioni di bene o male.

Ma, forse, potremmo azzardarci a dire che il Signore ha poco a che fare con questo pendolo… Lui sta da un’altra parte e, con lui, anche il significato e la portata di questa pagina evangelica. Anzitutto, infatti, Gesù sottolinea la dimensione ecclesiale della nostra vita di fede, una fede che non può essere vissuta da soli in un intimismo nel quale esisto solo io e il “mio dio”… magari anche ritagliato a modo mio… ma la fede si dà sempre e comunque all’interno di una dimensione comunitaria e, quindi, di fraternità. La vita di fede deve aprirci a scoprire intorno a noi dei fratelli che, proprio come noi, stanno camminando in cerca del Signore. Ricerca che non sempre è facile e proprio per questa ragione ha bisogno di lasciarsi condurre.

È proprio scoprendo accanto a me il volto e il cammino di un fratello che io sono aiutato e portato a scoprire che l’orizzonte della mia vita di fede è un “Padre nostro”. È un Dio che sì ama me in modo personale ma non mi ama in modo individuale, bensì quale fratello in mezzo a fratelli. Proprio per questo ci chiede di non essere soli ma di riunirci perché lui è in mezzo a noi proprio nel momento nel quale ci riuniamo nel suo nome.

Quante volte corriamo il rischio anche noi, di confondere questa parola con l’autorizzazione ad ergerci come giudici dei nostri fratelli, di poter sputare sentenze a destra o a manca, magari arrogandoci anche il diritto di sentenziare dei sì o dei no che nulla hanno a che vedere con il Signore…

Il Signore apra gli occhi del nostro cuore affinché anche in questa società che cerca di chiuderci in noi stessi possiamo scorgere il fratello di fede che ci sta accanto, non per porci in concorrenza ma per sorreggerci vicendevolmente nel nostro cammino comune incontro al Signore, allora sì sapremo ricevere e restituire la dimensione di una vera correzione fraterna.

Di |2017-09-09T13:07:48+02:0009/09/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

03 settembre

XXII domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Se domenica scorsa abbiamo sottolineato la rivelazione che Pietro ha ricevuto, quest’oggi eccolo immerso in una di quelle tante cantonate che lo caratterizzano. Quanta umanità traspare nel discorso di Pietro… troppa umanità, sembra essersi scordato della professione di fede nel Figlio di Dio, ed essere tornato a vederlo come un caro amico al quale, molto umanamente, augurare che non abbia mai a capitare nulla di grave, nulla che metta a repentaglio la sua vita. Sembra di sentire i discorsi che, magari, facciamo anche noi quando ci troviamo a che fare con un amico o un conoscente che sta vivendo un momento particolarmente grave o di sofferenza, magari per aver scoperto una malattia o per la perdita del lavoro o della casa, o quando la vita coniugale inizia a scricchiolare o quando i figli sono causa di grosse preoccupazioni… “Dio non voglia… non ti accadrà mai… vedrai che le cose si risolveranno”… se questo è umano, purtroppo per Pietro, però, nella relazione col Maestro non può dimenticare quanto ha dichiarato poco prima e quindi riconoscere che Gesù va al di là dell’essere un brav’uomo, un maestro degno di essere ascoltato perché ha una parola buona che ci aiuta stare meglio insieme e a comprendere come sopportarci vicendevolmente… in quelle parola “Tu sei il Cristo”, che proprio lui ha pronunciato sta racchiuso il pensare secondo Dio… un pensare che va oltre. Un pensare che non si ferma al qui e ora perché quello lo facciamo in quanto uomini, a prescindere dall’essere battezzati. Non c’è bisogno di essere battezzati per dire una parola di conforto a una persona che soffre, basta un po’ di cuore e di umanità.

Pensare secondo Dio, vuol dire fare un passo in più che è racchiuso proprio nella professione della nostra fede: prendere la propria croce e seguirlo… se il Figlio di Dio è il nostro Maestro e la nostra Guida a noi spetta di seguirlo nella strada che lui ci ha tracciato. Non si tratta di una strada facile e probabilmente anche Pietro quando si è sentito rivolgere queste parole si è trovato con le ginocchia traballanti molto più che per l’essere definito Satana… sì perché il Maestro ci vuole con sé… sì ma nel prendere la croce…

Il Signore ci dia la grazia di saperlo scegliere ogni giorno della nostra vita, di non mettere noi stessi e le nostre scelte e propensioni molto umane davanti a lui, ma ci aiuti a riconoscere che in lui la nostra vita diventa autentica, piena, si carica di senso perché ha un orizzonte che non viene meno, il giorno senza tramonto, la gloria del Padre, della quale il Figlio vuole renderci partecipi e l’ha fatto consegnando a noi la sua vita sulla croce. Il Signore ci aiuti a consegnarci a lui.

Di |2017-09-02T11:27:32+02:0002/09/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

27 agosto

XXI domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Sembra quasi un sondaggio di opinione quello che Matteo ci presenta quest’oggi… ad un ascolto superficiale del brano potrebbe venire da chiederci se Gesù fosse preoccupato della sua immagine, di quale ritorno stava avendo la sua predicazione… quali erano le chiacchiere che si sentivano sulla bocca della gente provando ad ascoltare un po’ nelle retrovie…

Ma non facciamoci catturare da attenzioni molto moderne e molto umane. La domanda di Gesù, infatti, è ben più profonda e credo che vada sempre e solo letta insieme alla seconda domanda: Ma voi, chi dite che io sia? Di nuovo non da intendere come sondaggio rivolto questa volta ai vicini, a coloro che gli stavano accanto ogni giorno, piuttosto le due domande hanno un avvicinamento progressivo per arrivare a suscitare nel cuore dei discepoli la loro personale professione di fede. Partendo da qualcosa fuori di loro, Gesù li invita a guardarsi dentro, a porsi in un confronto serio con la sua persona e il suo annuncio e da qui li invita a riconoscere di aver a che fare con qualcosa di più di un semplice profeta o di un bravo maestro che parla bene, fa qualche miracolo qua e là…

A prendere la parola a nome di tutti è Pietro che lo definisce Cristo, cioè Messia, l’unto del Signore, il suo inviato e Figlio del Dio vivente. La sua risposta non è quella del, potremmo dire, “più bravo della classe” che ha alzato per primo la mano… e Gesù subito ce lo restituisce in quella beatitudine che pronuncia nei suoi confronti. Pietro non è beato perché ha dato la risposta giusta, perché si è messo lì a studiare tutti i discorsi o i gesti del Maestro e ne ha ricavato una bella sintesi, teologicamente impeccabile, studiata bene ed espressa altrettanto bene, no! La beatitudine di Pietro è racchiusa in una rivelazione del Padre che si è servito di lui proprio per esprimere il significato profondo dell’incarnazione del Figlio di Dio.

Ecco allora che proprio su questa affermazione, su questa professione di fede Gesù fonda l’edificazione della Chiesa. Non l’ha fondata sulla bravura di Pietro… sappiamo bene tutti quante figuracce infatti fa lungo tutto il Vangelo… possiamo proprio dire che Pietro incarna bene l’immagine di ciascuno di noi, nel nostro tentativo di seguire il Signore, magari anche con un cuore caldo, disponibile… eppure soggetto a prendere tutta una serie di cantonate dovute alla nostra fragilità umana.

Siamo ancora nel pieno delle nostre celebrazioni patronali e Alessandro è lì ancora come testimone credibile che le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa, anche quando si illuderanno di averla fermata… ci sarà sempre il soffio dello Spirito che, facendola rifiorire, le darà nuovo vigore, nuova vita. Nei prossimi secondi di silenzio prendiamo in mano la nostra fede e rispondiamo nel nostro cuore a quella stessa domanda rivolta ai Dodici e oggi rivolta a noi: “Ma voi, chi dite che io sia?”… “Chi sono io per te, per la tua vita, oggi?”

Di |2017-08-27T09:01:29+02:0027/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola

26 agosto

Solennità patronale di S. Alessandro

Se osserverete i miei comandamenti… sì, ma quali? Potremmo tentare di obiettare… che vi amiate gli uni gli altri… di nuovo potremmo esitare dicendo, cosa vuol dire amarci gli uni gli altri, in che modo, in quale misura? Come io vi ho amati.

La misura dell’amore che il Signore ci chiede è l’amore con cui lui ha amato ogni uomo e donna su questa terra, buono o non buono (anche perché uno solo è buono dirà in un altro passo), fedele o traballante nella fede, coerente o fragile, proteso in avanti o zavorrato nell’incapacità di muoversi ed avanzare… il Signore ha amato tutti e l’ha dimostrato con la sua morte in croce a vantaggio dell’intera umanità che, proprio in quel momento stava dicendo il suo rifiuto di tanto amore.

Se questa è la misura dell’amore che Dio ha riversato sull’umanità, allora questa risulta essere anche la consegna che fa a noi con questo brano… non è il mandato ad un semplice, ingenuo ed irenico vogliamoci bene, non disturbiamoci a vicenda così che ognuno viva tranquillo la propria esistenza senza entrare in contatto con gli altri, tutt’altro… la fede nel Signore si manifesta proprio nella comunità dei credenti che si incontra e raduna intorno alla duplice mensa del suo Corpo e del suo Sangue e da lì, avendo instaurato una fraternità che va al di là dell’umano, perché fondata, sostenuta ed alimentata da Colui che è la fonte dell’amore e della fraternità, diviene capace di portarla fuori dalla celebrazione, nella vita di ogni giorno.

Allora sì, diventeremo capaci di dare la vita per i nostri amici… ma non inteso nella forma di quelli che mi vanno a genio, che mi dicono sempre di sì, che mi dicono che sono il più bravo… questi non sono gli amici identificati nel Vangelo, sono amici invece coloro che, come noi, con le fatiche che fa anche ciascuno di noi, cercano di dare un volto a quella fede che vivono ogni giorno, una fede che non può rimanere racchiusa in queste pur solenni e ricche mura, ma che deve tradursi in impegno concreto perché il Vangelo diventi stile di vita per l’intera comunità.

Alessandro nostro patrono non si è tirato indietro rispetto alla dimensione della testimonianza, non si è chiuso in un’intimità di preghiera nascosta per non esporsi, ha testimoniato la sua fede nel Dio di Gesù Cristo, dal suo martirio, dal suo sangue sono germogliati dei fiori, possiamo dire di essere noi, sono tutti i cristiani della nostra parrocchia, della nostra città e diocesi.

La caratteristica dei fiori è quella di spandere profumo e di essere fecondi con il loro polline. Il Signore, per intercessione di S. Alessandro ci sostenga nel nostro spandere profumo verso quanti incontriamo e nel nostro essere ancora oggi una comunità capace di essere feconda e di aprire il proprio sguardo al di là delle mura della propria abitazione ma riconoscendo come essenziale nel nostro dirci cristiani, l’aprirci ad una dimensione di testimonianza concreta, fraterna, caritativa, educativa… capace di accogliere e sostenere le nuove generazioni non perché replichino quanto abbiamo vissuto noi, ma affinché scoprano e alimentino il loro essere cristiani, oggi, in questa società e in questa comunità… non possiamo lasciarli soli, solo così la nostra vita porterà davvero frutto come quella di S. Alessandro.

Di |2017-08-25T11:10:27+02:0025/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola

Commento alla Parola domenicale

20 agosto

XX domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Certamente suscita in noi molta tenerezza e compassione il grido di questa donna, di questa madre Cananea e molto probabilmente Gesù non ci si presenta di primo acchito propriamente educato, disponibile, simpatico… chissà quante chiacchiere susciterebbe oggi un atteggiamento simile e il dubbio è anche se queste chiacchiere sarebbero capaci di trasformare le persone, come lo è stata la risposta di Gesù e la capacità di accoglierla di quella donna.

Sì perché in fin dei conti potremmo dire che oggi abbiamo ascoltato un duplice miracolo, non solo quello della guarigione della figlia tormentata dal demonio, ma anche quello della guarigione – potremmo dire – degli occhi del cuore di quella madre.

Il brano infatti parte presentandoci una situazione al di fuori del popolo di Israele e una donna che non crede nel Dio di Israele ma che probabilmente ha sentito parlare di Gesù come di un profeta taumaturgo, capace di operare dei miracoli di guarigione e, potremmo dire, si getta a capo fitto su di lui sperando di ottenere semplicemente quel servizio che a lei sta tanto a cuore, ma senza che questo in qualche modo abbia qualcosa da dire alla sua vita.

Ma la presenza di Gesù non è nella direzione del fare i miracoli… ormai è la terza domenica di fila che ci ripetiamo questo: Gesù non è un populista che cerca di attirare le folle con gesti eclatanti, i suoi gesti sono posti in quanto sono chiamati a suscitare o risvegliare la fede nel cuore di quanti li ricevono o vi entrano in contatto.

Ecco quindi che all’inizio Gesù si tira indietro, affinché la donna trovi la possibilità di fare un passo avanti nella sua fede. Se Gesù avesse schioccato le dita rispondendo immediatamente con un prodigio a quella richiesta non avrebbe mostrato nulla di diverso rispetto a qualunque mercante… non offriva prodotti ma medicamenti prodigiosi che a richiesta potevano essere somministrati… invece proprio la ritrosia del Maestro permette alla donna di guardare oltre, di andare al di là della necessità contingente della guarigione della figlia e di fare quel passo di fede.

L’immagine del cagnolino a noi da un lato sembra un’offesa forte, dall’altro lato magari ci sembra un onore visto come sta evolvendo la nostra cultura… ma nel brano il cagnolino è ben diverso dal figlio, eppure la donna riconosce che anche il cagnolino è oggetto di cura da parte del suo padrone, pur non sedendo a tavola e non nutrendosi come il resto della famiglia… la donna si appella a quella cura da parte di Dio, si riconosce sua creatura e chiede a Gesù di non abbandonarla, non più come il taumaturgo prodigioso ma come colui che manifesta proprio questa cura del Padre.

Il Signore ci aiuti a riconoscerci ogni giorno oggetto di cura da parte del Padre e a cogliere che anche le piccole briciole sono via di salvezza.

Di |2017-08-18T20:27:27+02:0019/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Variazioni nella catechesi dei ragazzi

Piccoli frutti di cambiamento…

grazie alle risposte al questionario

Nell’ultimo bollettino abbiamo presentato il questionario che è stato rivolto a tutte le famiglie che negli ultimi anni, in qualche modo, sono entrate in contatto con la realtà del nostro oratorio. Sono giunte diverse risposte tutte interessanti e, come equipe educativa abbiamo iniziato ad analizzarle e a cercare di comprendere in quali direzioni sia importante muoversi.

La prima direzione importante ci è sembrata quella della catechesi che è certamente il momento di maggior presenza di ragazzi nel corso di ogni settimana. Se questo da un lato è una cosa bellissima, dall’altro lato, per diverse famiglie risulta inserita in un contesto piuttosto caotico perché 160 ragazzini presenti al giovedì e 120 al venerdì che entrano ed escono in contemporanea sembrano dare più l’idea di un caos che non di una comunità che si ritrova. Per questa ragione, dopo aver analizzato la questione come equipe, abbiamo sottoposto la questione alle catechiste che, in prima persona, ogni settimana si trovano a vivere questo momento frenetico nei cortili dell’oratorio.

Anche da parte delle stesse catechiste è stato notato come i numeri rendano poco agevole la possibilità di un incontro diretto con le famiglie stesse all’uscita al punto, in alcuni casi, di arrivare a conoscere i genitori solo nei momenti salienti del cammino o in occasione delle esperienze residenziali.

Abbiamo allora concretizzato una nuova proposta di strutturazione dell’itinerario catechistico che avrà bisogno di un biennio per poter arrivare “a regime”… Con ottobre inizierà un anno di transizione che non comporterà modifiche per quanti hanno già iniziato il percorso catechistico negli anni precedenti. Invece, sempre da ottobre, per i ragazzi che inizieranno il cammino in 2^ elementare il giorno non sarà più il giovedì bensì il mercoledì. Si tratta solo di un anno transitorio nel quale questo gruppo sarà da solo, l’anno successivo infatti sarà affiancato sempre al mercoledì dal nuovo gruppo entrante, mentre nessuno dei gruppi già costituiti cambierà giorno.

Per essere molto schematici e poter essere chiari questa sarà l’articolazione nei prossimi due anni:

Anno catechistico Mercoledì Giovedì Venerdì

2017-2018


2^


3^ e 4^


5^, 1^ e 2^ media


2018-2019


2^-3^


4^ e 5^


1^ e 2^ media

 

Facendo in questo modo, con l’inizio dell’anno catechistico 2018-19 avremo una redistribuzione dei ragazzi con numeri che rendano a dimensione più familiare e vivibile anche il momento informale dell’accoglienza e del saluto al termine dell’incontro ed inoltre l’oratorio sarà “vivo” per la presenza dei ragazzi un pomeriggio in più, dando anche ai ragazzi una possibilità maggiore di svago e di fraternità non avendo sovraccaricate le strutture ma lasciando a tutti la possibilità di giocare liberamente.

Questo passaggio graduale fa sì, ci auguriamo di non sconvolgere le attese di nessuno non andando a toccare i gruppi che già sono in cammino ma inserendo l’elemento di novità per coloro che si trovano ad iniziare.

Sappiamo che chi si trova ad avere più figli vorrebbe la catechesi per tutti lo stesso giorno ma purtroppo la cosa non è possibile raffrontando il numero di ragazzi che ogni anno chiedono di frequentare la catechesi presso la nostra parrocchia e le strutture stesse.

A te che leggi questo articolo chiediamo di aiutarci a diffondere la notizia a quelle famiglie che sai avere figli che a settembre inizieranno la 2^ elementare. Noi utilizzeremo i canali delle mail che abbiamo ma il passaparola è comunque importante in questi casi affinché le famiglie siano preparate alla novità.

P.s. a settembre mettete un piede in oratorio… in questi mesi di chiusura stiamo cercando di renderlo un pochino più aperto e accogliente, speriamo che la nuova veste potrà essere di vostro gradimento.

Don Luca e l’Equipe educativa dell’Oratorio

Di |2017-08-18T20:25:05+02:0018/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Variazioni nella catechesi dei ragazzi

Commento alla Parola

15 agosto

Assunzione della Beata Vergine Maria

Leggi le letture di oggi

La Solennità di Maria Assunta in cielo, nella quale ci stiamo introducendo ci apre alla dimensione della speranza per noi e per i nostri cari che portiamo nel cuore.

Maria, lei una donna come le altre, essere umano come ciascuno di noi, creatura in mezzo a milioni di altre creature è stata preservata dalla corruzione della morte ed è stata portata in cielo in anima e corpo.

Colei che è stata grembo e casa per l’autore della vita, per la vita stessa che si faceva carne non poteva rimanere avvinghiata nel potere della morte. Proprio perché la morte è stata vinta per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.

E se lui è la primizia della vita, la primizia della risurrezione, caparra della nostra stessa risurrezione, ecco che Maria, potremmo dire è la dimostrazione che Dio fa sul serio con l’umanità, in Maria che ascende al cielo anche noi possiamo riconoscere la strada che ci è tracciata per il nostro incontro con il Padre.

Maria, allora non è una donna migliore delle altre, superiore alle altre, con delle capacità straordinarie, ma è una creatura che ha saputo rendere straordinario ogni istante della sua esistenza. Non ha tenuto per sé il grande dono offerto con l’annuncio di divenire la madre del Signore, ma si è posta subito in viaggio e si è messa a servizio della cugina Elisabetta; di ogni cosa che avveniva in lei ed intorno a lei ha saputo fare tesoro custodendolo e meditandolo nel suo cuore.

Maria, Donna dell’Ascolto e del Servizio, non ha tenuto nulla per sé ed anche la sua Assunzione non è qualcosa che custodisce gelosamente come un bel premio, come una medaglia d’oro che si è conquistata e le conferisce il primo posto sul podio… Maria Assunta è la primizia (dopo suo Figlio) dell’umanità che è chiamata a quella vita eterna, a quella vita piena con il Signore.

Da quella posizione privilegiata si pone come mediatrice di ogni grazia per ciascuno di noi, lei che ha vissuto le fatiche e le sofferenze umane, le comprende e le presenta ogni giorno a Dio affinché possano diventare occasioni di santità e non scandali che bloccano il cammino.

Chiediamo all’intercessione di Maria di saper accogliere ogni giorno quelle croci che siamo chiamati a portare, non chiediamo di togliercele, ma di farle nostre, di “amare” la nostra croce, così come lei è stata ai piedi della croce di suo figlio ed ha accolto le tante sofferenze che hanno caratterizzato la sua esistenza, aiuti anche noi a stare nelle nostre fatiche con un cuore nuovo, col cuore di chi riconosce che non finisce tutto col buio della sconfitta della morte ma con la luce della vittoria della vita.

Di |2017-08-14T09:27:23+02:0014/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola

Commento alla Parola domenicale

13 agosto

XIX domenica del tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Abbiamo appena ascoltato il brano che segue alla moltiplicazione dei pani, che avremmo dovuto ascoltare domenica scorsa se non fosse stata la festa della Trasfigurazione. Gesù dopo quel momento così plateale e di grande approvazione da parte della folla ed in particolare dei più poveri, degli ultimi, ci viene detto che costringe i discepoli a salire sulla barca… non vuole che si corra il rischio di confondere l’annuncio del Vangelo con la comoda soddisfazione di bisogni materiali, che si confonda la fame di Dio che Gesù è venuto a saziare, con la fame dello stomaco… la stessa cosa che abbiamo detto domenica rispetto al fatto di mantenere nascosta la gloria della Trasfigurazione, certo sarebbe stato più facile farsi seguire ma non è la via che vuole utilizzare il Maestro.

Gesù sale sul monte a pregare, riconsegna la sua azione, il suo impegno quella folla sfamata con tutte le sue attese e i suoi bisogni al Padre. Gesù desidera l’incontro col Padre, è da questo che il suo ministero prende forza e senso, è nel dialogo col Padre che trova la forza per andare avanti nonostante tutto… anche ciascuno di noi è chiamato a riconsegnare al Padre tutta la sua esistenza perché solo così possiamo andare avanti nonostante le difficoltà, i rifiuti, le incomprensioni, i voltafaccia, le chiacchiere cattive che lacerano invece di costruire…

Dopo aver ripreso in mano la sua missione insieme col Padre, Gesù va incontro ai discepoli che sono sulla barca e lo fa camminando sulle acque. Che i discepoli fossero sconvolti a vedere questo credo non stupisca nessuno… eppure Gesù dimostra di volerci raggiungere anche dove potrebbe sembrare impossibile raggiungerci, anche lì dove il male (questo è il simbolismo biblico connesso al mare) sembra avere la meglio e dove i venti e le onde contrarie sembrano non volerci far progredire nella nostra traversata. Quante volte magari ci sentiamo così nella vita, colpiti da venti contrari, per ogni passo in avanti ci sembra di farne 2 all’indietro, ci sembra che tutto e tutti siano contro di noi… ebbene, anche in questo caso Gesù si fa nostro compagno di viaggio e cammina accanto a noi… anche lì dove il termine camminare un po’ ci stupisce.

E stupisce ancora di più la tranquillità con la quale autorizza Pietro a scendere da quella barca per andargli incontro “Vieni” come se fosse la cosa più naturale. Pietro cammina verso Gesù, si fida della sua parola ma poi si lascia tradire da un colpo di vento più forte… razionalmente ci verrebbe da dire: ma stai camminando sulle acque, di cosa puoi avere paura… eppure quante volte un colpo di vento più forte fa affondare anche noi nelle nostre paure, nelle nostre chiusure, ci fa porre dei “se” e dei “ma” alla nostra fede.

Accogliamo Gesù sulla barca della nostra vita, consegniamoci a lui con molta fiducia, affinché perdano di forza e vigore i venti che ogni giorno si abbattono su di noi. Sentiamoci accompagnati e sorretti dalla sua presenza che non abbandona ma silenziosamente ci sostiene sulle acque della nostra vita.

Di |2017-08-10T21:09:33+02:0012/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

06 agosto

Trasfigurazione del Signore

Leggi le letture di questa domenica

Signore è bello per noi essere qui!

Questa è la frase che Pietro, estasiato per quella visione della quale Gesù l’ha reso partecipe insieme ai Giacomo e Giovanni pronuncia. Un evento tanto straordinario, di una sublimità esagerata da non volersene staccare. Il Signore si mostra a loro in tutta la sua gloria per prepararli a quel momento tanto tragico e duro che li attende nel momento della sua passione e morte in croce. Questa visione permetterà loro di avere un orizzonte di speranza davanti agli occhi, di poter tenere una luce accesa pur nella grande oscurità rappresentata da quei giorni di rifiuto e di morte.

È bello per noi essere qui… Pietro, con questa frase molto semplice ci esprime tutto il suo desiderio di partecipare a questo evento e ci fa cogliere anche la sua disponibilità a collaborare affinché possa durare il più possibile.

Potremmo chiederci quest’oggi se qualche volta è capitato anche a noi di esprimere il nostro desiderio di stare con il Signore, se stare con lui ci risulta così bello come lo fu per Pietro, Giacomo e Giovanni o se, invece non ci risulta piuttosto qualcosa di pesante, di incombente, qualcosa che in un certo qual modo ci distoglie da quelle cose tanto importanti che dobbiamo svolgere nella nostra vita.

Non sto parlando direttamente della celebrazione eucaristica, ma della nostra relazione personale e comunitaria con il Signore.

Eppure questa bellezza non è destinata a durare, a diventare la situazione normale, ad essere prorogata, quella bellezza sperimentata sulla loro pelle, i tre discepoli sono chiamati a portarla giù da quel monte, a riportarla nella valle della vita quotidiana, della vita comunitaria con gli altri discepoli, in quella predicazione alle folle, in quel rifiuto che via via si fa più forte nei confronti del Maestro.

Così è anche per la nostra vita spirituale, ci auguriamo di percepire l’incontro con il Signore come qualcosa di bello, di desiderabile, qualcosa che illumina la nostra vita, che ci apre ad una speranza non futile o vana, ma la speranza nel Signore della storia… Chiediamo che quanto sperimentato non rimanga una bella parentesi nella nostra vita, qualcosa di circoscritto ad alcuni momenti particolari, ma abbiamo il coraggio di portarlo a valle, di portarlo fuori da questa chiesa, lì dove viviamo la nostra vita di ogni giorno, che spesso, proprio come quella dei discepoli non è una vita facile perché ci fa stare fuori dal coro, possano le persone che incontriamo cogliere dal nostro sguardo luminoso la bellezza dell’incontro che abbiamo fatto, riconoscano nelle nostre azioni quanto è grande la nostra speranza.

Di |2017-08-06T09:43:00+02:0006/08/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
Torna in cima