Commento alla Parola domenicale
17 gennaio
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Se un matrimonio voleva cominciare male, diciamo che quello di Cana ci stava proprio riuscendo… il venir meno del vino nel corso della festa, avrebbe voluto dire proprio rovinare quel momento così bello e familiare, quella gioia che, allora come oggi, accompagna l’unione di due persone per costituire una nuova famiglia.
È acuto lo sguardo di Maria… è la prima ad accorgersi di questa carenza. Hanno sbagliato gli sposi a calcolare quanto vino comprare? Non avranno avuto soldi a sufficienza per comprarne di più? Avranno esagerato gli invitati, come a volte succede anche oggi? Non ci è dato saperlo, tant’è che quel vino non basta, la festa dovrà, quindi, rapidamente volgere al termine. Maria interpella Gesù. Non fa grandi discorsi, semplicemente si limita a far constatare a suo figlio, presente come invitato a nozze, questa mancanza. “Non hanno vino”. È una frase molto lapidaria e scarna, indica la premura di questa madre e sposa perché i festeggiati non si vedano rovinati i primi momenti del loro vivere insieme.
Sentiamo Maria vicina anche alla nostra vita, con uno sguardo attento all’esistenza di ciascuno di noi e che, all’occorrenza rimanda a Gesù le nostre difficoltà. Confidiamo che quando non ce la facciamo più, Maria ripeta a suo figlio quel “Non hanno più vino”, mettiamoci prima il nome di ciascuno di noi…
Per Gesù non è ancora il tempo di manifestarsi, non è ancora la sua ora, eppure si lascia commuovere da quella coppia di sposi ignari della situazione… al punto che in tutto il brano di loro non c’è traccia se non alla fine, quando il maestro di tavola chiama lo sposo.
Gesù non vuole fare tutto da solo, vengono coinvolti i servi e in maniera abbastanza pesante… 6 anfore di pietra contenenti da 80 a 120 litri… se facciamo una media sono circa 600 litri di capacità e Gesù chiede che vengano riempite. Capiamoci bene, non c’era l’acqua corrente all’epoca, bisognava andare al pozzo a prendere l’acqua e travasarla nelle giare… ma quei servi non battono ciglio, vanno e fanno quanto richiesto da questo sconosciuto e lo eseguono fino in fondo, non si risparmiano, riempiono fino all’orlo. Ma se questo costa un po’ di fatica fisica e qualcuno potrebbe dire che era il loro lavoro, il loro compito… io mi chiedo quanti di noi avrebbero avuto il coraggio di fare quanto poi Gesù ha chiesto: prendere un po’ di quell’acqua e portarla al maestro di tavola spacciandola per vino. Poteva costare loro molto caro uno scherzetto di questo genere, eppure eseguono, si fidano… ed ecco che l’acqua non è più tale ma è diventata il vino più buono servito a quel banchetto. Gesù offre anche a noi il vino buono, è lui il vino della gioia, della festa, la bevanda che disseta la nostra vita e si offre a noi, ogni volta che ci accostiamo a questo altare. Fidiamoci di lui, dei suoi modi e tempi, anche quando ciò che ci chiede facciamo fatica a comprenderlo. Affidiamoci a lui, lui trasformerà la nostra vita riempita di semplice acqua in una vita colma della gioia del suo vino, della sua presenza.