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Commento alla Parola domenicale

11 settembre

XXIV domenica del Tempo Ordinario

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Quanta gioia in cielo… tutte le parabole raccontate da Gesù nel Vangelo di oggi, sembrano andare in questa direzione: quella della gioia per il ritrovamento o il ritorno del peccatore.

Gesù seduto a mangiare con i peccatori è proprio il segno concreto di quella ricerca che il pastore fa, di quel ribaltare la casa come quella donna che non trova più la sua moneta, il segno dell’attesa trepidante del padre che confida nel ritorno del figlio che se n’è andato di casa, che se n’è andato lontano da lui…

È proprio l’esperienza del peccato, quella che ci fa perdere, ci fa allontanare pensando e illudendoci di aver in mano noi la ricetta giusta per la nostra vita, di sapere cosa è meglio per noi… come la pecora che lascia il gregge, che ha rivolto il suo sguardo verso altro che non fosse il pastore, non si è fidata di lui e si è dispersa nel deserto, così per quella moneta nascosta nelle fenditure di un pavimento sconnesso come poteva essere quello di una casa dell’epoca di Gesù…

O come il figlio che non riconosce più il padre e chiedere di avere l’eredità prima della morte del genitore per cercare il senso della propria esistenza da un’altra parte, lontano dalla casa che si è presa cura di lui…

La tentazione dell’allontanamento da Dio, della ricerca di altro, di una libertà che ha più il sapore della rivendicazione di un personalismo che non la piena realizzazione di sé.

Ma Dio non ci abbandona, rimane dalla nostra parte, ci viene a cercare se ci siamo smarriti, ci attende fiducioso se abbiamo deciso di andarcene…

Ha mandato in mezzo a noi suo figlio proprio come segno di questa ricerca di quanti si sono persi sulle strade del peccato, ha annunciato a tutti gli uomini che l’essersi smarriti o allontanati da lui non è un per sempre, ma lui è misericordioso, il suo cuore è inquieto finché non torniamo a lui e quando questo avviene? Allora c’è festa… fa festa il pastore, fa festa la donna, fa festa il padre…

L’unico a non voler far festa è il fratello maggiore, il quale più che figlio si sente servo e cova nel suo cuore un risentimento grande nei confronti del padre, sono proprio quei farisei che mormorano contro Gesù e il suo atteggiamento misericordioso e accogliente.

Il Signore metta nel nostro cuore la sua stessa gioia per ogni volta che ritorniamo a Lui, che riconosciamo solo in Lui la guida sicura per il nostro cammino, chiediamogli quindi la grazia di essere misericordiosi con noi stessi, il che non vuol dire vivere nel lassismo, ma riconoscere che cambiare si può e che ritornare al Padre significa incontrare il suo abbraccio amoroso. Ma non solo, chiediamogli la grazia anche di saper essere misericordiosi verso i nostri fratelli, entrando a fare festa per il loro ritorno.

Di |2016-09-11T09:44:38+02:0011/09/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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04 settembre

XXIII domenica del Tempo Ordinario

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Quest’oggi Gesù ci sembra particolarmente esigente, per ben tre volte sottolinea la frase “non può essere mio discepolo”… sì, ci sta portando a riconoscere le condizioni per poterlo seguire, per far sì che il camminare dietro a lui sia autentico discepolato e non solo una scampagnata… e questo lo possiamo comprendere dall’incipit del brano, quando Luca ci sottolinea che una folla numerosa andava con Gesù… non basta, allora, andare dietro al Maestro per poter essere considerato discepolo, è necessario chiarirsi, purificare le proprie intenzioni, comprendere dov’è orientato lo sguardo del proprio cuore…

Sì la prima condizione è proprio questa, quella di riconoscere qual è la relazione costitutiva della nostra esistenza, qual è quell’incontro che sta sopra tutti gli altri e orienta tutti gli altri, anche quegli affetti più vicini chiedono di essere guidati e considerati alla luce dell’incontro vero col Maestro.

Non solo, andare dietro a Gesù non può essere il modo per metterci il cuore in pace, così sono tranquillo, ho qualcuno che mi protegge, magari mi fa anche un miracoletto lì dove mi fa più comodo… la sequela del Maestra passa dal fare ciò che ha fatto lui stesso, cioè prendere la croce, accettare anche la sofferenza o meglio il dono totale di sé, la croce per Gesù ha significato andare fino in fondo, non fermarsi ma perseguire la nostra salvezza a tutti i costi… al costo della sua stessa vita, così per noi… una sequela fatta di comodità, di ciò che mi aggrada, di cose che mi appagano in qualche modo, non possiamo considerarla autentico discepolato… utilizzo un esempio dall’esperienza della sagra di questi giorni: l’essere discepoli di Gesù non è come venire a cena alla sagra dove uno guarda il menu, sceglie le pietanze che preferisce e mangia, con Gesù devi prendere tutto, sia ciò che è dolce sia ciò che ha maggiormente il sapore della croce… non si può richiedere una fede self service

In questa direzione si può interpretare anche la prima delle parabole pronunciate da Gesù… a quell’uomo che vuol costruire viene chiesto di porre tutto il suo impegno, convinzione e tutto ciò che ha nella costruzione di quella torre e di non fare la banderuola che si ferma alla prima fatica o difficoltà… dobbiamo investire tutto per Gesù potremmo dire, orientare tutta la tua esistenza per il maestro, allora  sì usciremo dall’essere semplicemente una folla che va con lui ma diventeremo autenticamente discepoli che hanno fatto del Maestro la bussola della propria esistenza, proprio come Alessandro che ha offerto anche la sua vita terrena per testimoniare Cristo.

Di |2016-09-03T11:24:04+02:0004/09/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

28 agosto

XXII domenica del Tempo Ordinario

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Siamo anche noi fra quegli invitati che ascoltano le parole di Gesù durante quel pranzo. Un pranzo importante perché era quello del giorno di sabato e per la presenza di un rabbi della levatura di Gesù.

Il pasto è l’occasione propizia anche per annunciare lo stile del discepolo, per annunciare la conversione al Vangelo. Anzitutto Gesù invita all’umiltà, quella vera, quella che non è ostentata perché la si noti, ma l’umiltà di riconoscere che l’unico a poter assegnare i posti è colui che ha invitato, l’ospite non ha diritto potremmo dire a fare le graduatorie, a conoscere il rapporto che l’invitante ha con il resto degli invitati… solo al Signore spetta conoscere questo, come è facile rischiare di fare degli scivoloni non rendendoci magari nemmeno conto di fare delle classifiche, delle graduatorie…

Ma ancora, l’invitato è chiamato ad occupare l’ultimo posto, con la più grande serenità, con la gratitudine grande di aver ricevuto l’invito e, diversamente di altre parabole che ben conosciamo, di aver accolto l’invito a partecipare a quel pranzo. Già l’essere lì perché chi ha organizzato il banchetto ti ha voluto vicino a lui, ti ha scelto tra i suoi invitati, deve essere motivo di gioia e riconoscenza, che bisogno hai di guardare gli altri dove sono seduti, tu ci sei, un posto per te c’è, il Signore ti ha voluto alla sua mensa.

Ancora, l’invito è ad occupare quell’ultimo posto non per una carenza di autostima, non come chi dice mi metto qui perché non so fare nulla, perché voglio stare a distanza… e nemmeno però con il cruccio di non essere più avanti o con l’attesa che davvero il Signore venga a dirti quel vieni più avanti… che vita triste sarebbe… come rovinarsi il banchetto.

Quanta libertà ci trasmette Gesù con l’insegnamento di oggi, libertà dagli sguardi altrui e dal tenere sotto il nostro sguardo gli altri, libertà dal fare di ogni cosa un’occasione di mettersi in mostra… e ce lo sottolinea con la seconda parte del suo insegnamento, quando ci chiede di ribaltare le parti e di diventare a nostra volta capaci di invito e accoglienza nei confronti degli altri, un invito che non deve essere misurato su un contraccambio, su un ritorno personale che il mio gesto la mia azione può in qualche modo restituirmi o come immagine o come contraccambio dell’altro o come riconoscenza da parte della comunità o di quanti mi stanno accanto, questa non è un’azione né libera né tanto meno gratuita e quanto è brutto incontrare persone che vivono la loro esistenza tutta misurata sul contraccambio, sul ritorno personale… il rischio di risentimento, che la loro percezione sia di essere perennemente a credito, che gli altri non facciano mai abbastanza rispetto a quanto fanno loro è lì a rovinare anche l’opera più bella e più alta che possono aver compiuto… facendo percepire odore di marcio, di morte dietro quel gesto.

Chiediamo al Signore la libertà e la gratuità, allora sì i nostri gesti avranno con sé il profumo del bene, quello vero, saranno come il profumo dei fiori di S. Alessandro che stiamo benedicendo in questi giorni.

Di |2016-08-27T16:19:50+02:0028/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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21 agosto

XXI domenica del Tempo Ordinario

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Che strana domanda quella posta da quel tale non identificato dall’evangelista Luca… Sono pochi quelli che si salvano?

È strana e addirittura potremmo dire “sospetta” per almeno un paio di motivi, anzitutto il cercare di fare delle statistiche in merito alla salvezza quasi che la statistica ci possa aiutare in qualche modo a tenere il cuore in pace… se si salvano in tanti vuol dire che non c’è bisogno del mio impegno, d’altra parte se non c’è molto posto cosa mi impegno a fare? Sarò certamente fra gli esclusi e quindi tanto vale che faccia quello che ho voglia…

E questa direzione è proprio quella del secondo sospetto: il fatto che quel tizio non parte dall’idea che siano in molti a salvarsi, ma che siano in pochi… un Dio che è bacchettone, rigido, che apre le porte solo alla crème a quei pochi appunto che ce l’hanno fatta…

Quanto può essere fuorviante la nostra idea di Dio… e Gesù non sta al gioco di quel personaggio e cambia completamente la prospettiva: non è questione di quanto posto ci sia nel Regno di Dio, non deve essere quello l’oggetto del nostro interesse, invece dobbiamo guardare all’accesso al Regno, a quella porta, una porta stretta attraverso la quale non è facile passare, ma soprattutto non è facile passare in massa… il Regno non è questione di mode, di seguire la massa, di fanno tutti così… nel Regno l’accesso è singolo.

Come è difficile pensare di passare attraverso una porta stretta in un gruppo… ne abbiamo fatto esperienza a Cracovia… lì dove le vie di uscita dal Campus Misericordiae si facevano più strette ecco che si formavano imbuti enormi con massa di gente che si accalcava… la porta stretta la passi personalmente, è una scelta personale che non puoi delegare, non ci passi perché passano tutti, ma ci passi perché hai fatto una scelta e una scelta ben precisa. È un po’ come il check in all’aeroporto non è che passano tutti, passi se hai la carta d’imbarco e i documenti in regola…

Ma non solo, la porta stretta è anche l’immagine della porta attraverso la quale non solo entri personalmente ma entri non portando nient’altro che te stesso e la tua storia, allora scusate se mi servo ancora di un’immagine di porta… questa volta è la porta girevole, in questo genere di porta si entra uno per volta e, normalmente con oggetti di piccole dimensioni, fai fatica a passare con un borsone o una valigia… così è per il Regno di Dio non avremo valigie da portare dentro, potremo entrare se saremo liberi da carichi inutili e pesanti… allora non sarà più questione di quanti posti ci sono sull’aereo ma io ho preparato i documenti necessari per l’imbarco? Chiediamo al Signore che ci aiuti a scegliere lui e il suo regno, così da essere pronti, liberi da noi stessi e dalle cose che ci circondano per essere anche noi fra quelli che verranno dai 4 angoli della terra per sedere a mensa nel Regno di Dio.

Di |2016-08-21T13:26:15+02:0021/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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14 agosto

XX domenica del Tempo Ordinario

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Sono venuto a gettare fuoco sulla terra… un’immagine particolarmente forte è quella che il Vangelo di oggi ci propone. Gesù, nell’identificare la sua missione e il nostro discepolato, non lascia dubbi, non fa il doppio gioco, non nasconde le cose più difficili… il Maestro non fa pubblicità mostrando solo gli aspetti più appetibile dello stare con lui, mostrando una relazione fatta solo di sentimentalismo, di quieto vivere…

Gesù da subito mette in chiaro che stare dalla sua parte, andare dietro a lui, non è questione di banale e superficiale irenismo… del comodo facciamo finta di niente… no! Gesù è venuto a gettare fuoco. Quante cose fa il fuoco: riscalda e purifica, ma può anche distruggere e consumare è il segno dell’amore ma anche dell’ira e della gelosia, è l’immagine dello Spirito Santo, ma anche delle fiamme degli inferi…

Gesù porta il fuoco, vuole purificare il nostro spirito, la nostra umanità. Ci invita ad essere persone nuove, capaci di scegliere da che parte stare e scegliere, decidere ha a che fare con recidere, tagliare: se scelgo qualcosa non posso scegliere qualcos’altro…

Questa è la divisione che il Signore è venuto a portare… scegliere Lui infatti può voler dire andare contro altre relazioni o affetti, consegnarsi interamente al Signore può costare anche la divisione nei confronti di quanti ci stanno intorno. Il Vangelo purtroppo, quante volte è stato inteso come qualcosa che mette in pace la coscienza, fa stare tranquilli… la religione come oppio dei popoli… invece il Vangelo ha proprio un effetto contrario, perché chi davvero fa suoi i contenuti del Vangelo è qualcuno che va controcorrente, che non si attacca alla ricchezza, al potere, al sopruso sugli altri e questo dà fastidio, quanto dà fastidio a chi la pensa secondo il mondo, a chi a fatto proprio della ricchezza, della fama, dello schiacciare gli altri il senso della propria esistenza…

Questo Vangelo mi ricorda le parole che pochi giorni fa a Cracovia, il Cardinal Bagnasco ha detto a noi giovani italiani: “Voi non siete la forza occasionale di questa settimana, voi siete la forza del mondo. Non siete un fuoco di paglia, ma siete un fuoco che può far ardere ogni città portando Gesù ovunque. Incendiate di fede le vostre comunità. Portate questa gioia a casa.”

Sì, ciascuno di noi è chiamato a portare il fuoco del Vangelo lì dove vive, con coraggio, con coerenza, riconoscendo di non essere soli ma che è un Altro a tenere acceso e alimentato il nostro fuoco, allora la nostra comunità, incendiata dal Vangelo sarà riscaldata dall’amore evangelico e purificata dall’azione dello Spirito Santo.

Di |2016-08-14T13:56:34+02:0014/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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07 agosto

XIX domenica del Tempo Ordinario

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Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. La parola del Signore, quest’oggi ci raggiunge in maniera perentoria, può essere rassicurante per alcuni, mentre per altri, magari questo può far venire i brividi. Sì il nostro cuore insegue il tesoro al quale ci siamo attaccati. Gesù non vuole metterci paura ma vuole farci aprire gli occhi perché la nostra vita possa essere orientata verso il bello e il buono, verso il suo sapore più pieno e autentico, verso l’unico tesoro che davvero vale la pena di conservare e di perseguire, quel tesoro che è nei cieli, lì dove in nessun modo ci può essere sottratto, né dal tempo né dalle altre persone.

Ma perché il cuore si affezioni al tesoro, bisogna perseguirlo, ecco il senso di quello stare pronti con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese. Il Signore infatti ci ha preparato questo tesoro, proprio come un dono che offre all’umanità, ma come ogni dono che si rispetti, ha bisogno della risposta da parte di colui che è chiamato a riceverlo, a farlo suo. In fin dei conti un dono lo puoi accettare o rifiutare. È un dono se sei libero di accoglierlo o meno, altrimenti, se viola la tua libertà non lo riconosci più come dono ma è un’invasione nella tua vita. Bene, il Signore non invade la nostra vita, lui ha confezionato questo dono per noi ma da ciascuno di noi attende la risposta se questo dono ci interessa oppure no. Se siamo servitori svegli ad attendere oppure addormentati per non incrociare il padrone che torna dalle nozze.

Il Signore ci invita ad attenderlo, non è l’attesa che logora, non è l’attesa di qualcuno in ritardo, ma è l’attesa dell’amato, quell’attesa che fa aumentare la voglia, il desiderio dell’incontro stesso. Come per i fidanzati, l’attesa non segna il dubbio se l’altro verrà o meno, ma fa preparare il cuore affinché l’incontro con l’altro sia il più bello degli incontri di sempre, sia una relazione cuore a cuore. Se vale con l’amato o l’amata, tanto più vale nei confronti del Signore, l’arrivo è certo, l’incertezza del quando verrà fa sì che ci sia offerto questo tempo proprio per preparare il nostro cuore, il nostro spirito all’incontro con lui.

Chiediamoci quest’oggi qual è il tesoro che cerco per la mia vita, per la mia esistenza, non c’è bisogno di fare molta fatica per scorgerlo, seguiamo il nostro cuore, lì dove troviamo il nostro cuore troveremo anche il nostro tesoro. Chiediamo al Signore che purifichi i nostri desideri, le nostre attese e ci aiuti ad orientare la nostra vita verso il tesoro autentico che è l’incontro con lui, che è lui stesso perché solo lui ha quella vita eterna che non si corrompe e non si consuma.

Di |2016-08-07T09:33:46+02:0007/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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24 luglio

XVII domenica del Tempo Ordinario

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Si trovava in un luogo a pregare. Luca non ci dà ulteriori indicazioni se non il fatto che Gesù sente il bisogno di un dialogo profondo con il Padre e si ferma, si mette in preghiera… sì, Lui, il Figlio di Dio, ha bisogno e desiderio di pregare, di stare in intimità con Dio e potremmo dire che questa sua preghiera è “contagiosa”, perché i suoi discepoli che lo vedono sentono il desiderio di imparare da lui come entrare in relazione con Dio. Come sarebbe bello se anche la nostra preghiera fosse contagiosa, fosse così profonda da far sentire anche a quanti abbiamo intorno il desiderio di incontrare Dio riconoscendo che in questo incontro c’è un di più che il mondo non è in grado di offrire, che c’è un desiderio che il mondo non può saziare, una ricerca che le cose puramente materiali non possono appagare.

E Gesù inizia anzitutto chiamando Dio per nome… Padre. Non ti poni in dialogo con un giudice o con qualcuno che non ti può comprendere, ma riconosci con la preghiera che Dio è Padre e, in quanto tale si prende cura di te, ti sta vicino, ti comprende e ti sostiene.

Una preghiera che parte dalla lode del riconoscere la grandezza di questo Padre con quelle invocazioni iniziali dal sapore universale, di apertura al mondo intero, riconoscendo che pur entrando in un rapporto personale con Dio, nessuno ha il “diritto di esclusiva”… per giungere poi alle richieste più personali comunque espresse al plurale, riconoscendo che anche quando prego da solo, sono sempre inserito nella Chiesa, nella comunità dei credenti e la mia preghiera non è mai solo mia ma porta al Padre le richieste e le invocazioni di tutto il suo popolo.

Gesù ci invita a chiedere, nel Padre nostro non mancano le richieste e la parabola successiva dell’amico che bussa di notte ci sottolinea ulteriormente la disponibilità di Dio ad ascoltare le  nostre richieste, opportune ed inopportune… forse non tanto per darci le cose materiali, ma nella sua infinita bontà il Padre ci donerà lo Spirito Santo: il dono più alto che il Signore ci possa offrire.

Gesù non ci promette che il Padre soddisferà i nostri capricci, tutti i “voglio, voglio, voglio”… che possiamo pronunciare, ma proprio come un Padre che vuole bene al proprio figlio, Dio ci darà ciò di cui veramente abbiamo bisogno, ciò che sazierà la nostra anima. La preghiera ci aiuta a riconoscere il nostro bisogno di Dio, della sua vicinanza e del suo amore, inoltre la preghiera si fa anche intercessione… è quella più gratuita… colui che cerca il pane non lo cerca per sé ma per l’amico arrivato di notte… affidiamo al Padre le persone che abbiamo accanto a noi, consegniamo a lui le loro necessità magari anche sofferenze, dove noi fisicamente non possiamo arrivare, possa giungere lui con la sua grazia.

Sta per cominciare la grande esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, il pellegrinaggio dei giovani di tutto il mondo, insieme con papa Francesco, a Cracovia, la distanza anche fisica sia l’occasione per affidarci reciprocamente al Padre.

Di |2016-07-24T13:35:59+02:0024/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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17 luglio

XVI domenica del Tempo Ordinario

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Nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù accoglie l’invito a tavola in casa delle sorelle Marta e Maria. Gesù si fa’ ospite, accetta di entrare in quella casa, di sedersi a quella mensa. Ma con Gesù le cose non sono mai come uno se le aspetterebbe: Lui infatti dall’essere l’ospitato ecco che diventa potremmo dire il centro, il piatto forte di quel pasto…

Maria se n’è accorta, Marta invece è ancora ferma al preparare l’accoglienza del Maestro. Maria si accosta a Gesù e si pone in ascolto, riconosce che è Lui ad avere qualcosa da dare a loro, più che loro a poter offrire qualcosa a lui. Marta invece è tutta distolta per i molti servizi. Sta preparando, non vuol fare brutta figura, desidera che tutto sia pronto, per il meglio… e dimentica la dimensione dell’amicizia, dell’accoglienza offrendo sé stessi e aprendo il cuore all’altro, in questo caso con la A maiuscola… accogliere è anzitutto questo: aprire il proprio cuore perché il cuore dell’altro possa entrare nella mia vita, aprire il cuore perché il Signore possa trovare casa nella mia casa, nella mia vita. Inoltre Marta è ferma a guardare a sé stessa, si sente lasciata sola dalla sorella, non vede che il suo lavoro, il suo impegno, i suoi preparativi e non si accorge che la sorella sta già vivendo l’incontro.

Se proviamo a ripensare alla nostra vita di fede, possiamo vedere in Marta la ricerca di salvezza attraverso le nostre azioni, i nostri meriti, Marta crede di incontrare il Signore perché ha lei qualcosa da dare a lui; invece in Maria riconosciamo il cammino di chi riconosce nella grazia di Dio la via della salvezza, riconosce nel porsi in ascolto della sua Parola la possibilità di accogliere la sua grazia che le viene incontro.

Non è tanto questione del fare o non fare, ma la nostra apertura del cuore a fare la differenza. Questo è il senso di quel bonario rimprovero di Gesù: la parte migliore, la portata migliore di quel pasto è proprio lui e la sorella minore l’ha colto. Chiediamo al Signore quest’oggi la grazia di non affannarci per molte cose ma di affidarci a lui, di abbandonarci alla sua Parola, scopriremo che passeremo dall’invitare a tavola il Maestro ad essere noi invitati alla sua mensa, nella quale lui oltre ad essere colui che ci ospita, è anche il nostro cibo e nutrimento, ci convoca, chiede di stare con lui, perché possiamo conoscerlo e incontrarlo e ci nutre con la sua parola, e con il suo corpo e sangue.

La partecipazione a questa Eucarestia nutra la nostra vita di ogni giorno, lì dove le nostre storie ci portano e ci aiuti a diventare capaci di accoglierlo come ospite nelle persone che ci passano accanto.

Di |2016-07-16T13:49:50+02:0017/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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10 luglio

XV domenica del Tempo Ordinario

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Quest’oggi siamo di fronte al noto brano cosiddetto del buon samaritano. Probabilmente non ha in sé il sapore della novità, tanto più che in quest’anno è stato utilizzato come icona biblica per il cammino pastorale diocesano e, quindi, spesso vi si è fatto riferimento negli itinerari pastorali.

Certamente è interessante la domanda iniziale del dottore della legge… d’accordo, lui cercava di mettere in difficoltà Gesù, la sua domanda non era limpida e autentica, ma se lasciamo dietro le spalle questo intento negativo e prendiamo la domanda per il valore che porta con sé, ci accorgiamo che in realtà si tratta di una domanda altissima pur nascondendo dentro di sé il rischio di un trabocchetto.

Anzitutto è altissima perché porta con sé il desiderio della vita eterna… ereditare la vita eterna, essere eternamente con il tuo Signore. Probabilmente ciascuno di noi, in fondo al cuore, anche se magari questa domanda non l’abbiamo mai esplicitata, comunque questa tensione alla vita eterna e la ricerca di una sicurezza di essere nella direzione giusta la portiamo dentro di noi.

Potremmo ridire così la domanda… Maestro, qual è la strada che mi conduce all’incontro col Padre?

Eppure questa domanda mi pare nascondere almeno un paio di trabocchetti per i quali bisogna prestare attenzione…

Anzitutto il fatto che esista una ricetta, o meglio se parliamo di strada, che esista una mappa, un percorso tracciato, come se ci fosse la possibilità di un navigatore spirituale, nel quale imposti la destinazione vita eterna e poi ci pensa lui a condurti magari potendo impostare anche la via più veloce, o la più facile e comoda…

Il navigatore non esiste, risposte pronte non ce ne sono, ci sono dei cartelli indicatori, ma la strada la costruisci tu ogni giorno della tua vita, in ogni piccola scelta quotidiana, via via fai un passo nella direzione della vita eterna oppure fai dei passi indietro o imbocchi delle strade più tortuose.

Il secondo trabocchetto che nasconde questa domanda e che è in qualche modo collegato al primo, il fatto che possa essere io a meritarmi la vita eterna… cosa devo fare per ereditare… eppure la vita eterna è dono di grazia, è la cosa più gratuita che ci possa venire offerta. Allora forse non è tanto questione di cose da fare, ma di disponibilità di cuore. Non basta porre un gesto, se in quel gesto non c’è amore e cura. La legge, nel suo doppio comandamento riassuntivo di tutti gli altri, identifica non in un comportamento ma in un moto del cuore ciò che è importante, quindi per assurdo io potrei anche pregare, ma se non pongo amore verso il Signore rimangono parole al vento, io posso anche fare dei gesti di carità, dare delle cose, dare del denaro, ma se non amo il mio fratello come me stesso… non sono sulla strada giusta.

Riconosciamoci amati dal Signore, è lui il buon samaritano che passa sulle strade della nostra vita e ci raccoglie, cura le nostre ferite e ci chiede a nostra volta di amarlo e di farci prossimo ai nostri fratelli feriti nel corpo e nello spirito… allora sì il nostro cuore sarà rivolto verso la vita eterna con il Padre.

Di |2016-07-10T10:10:32+02:0010/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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03 luglio

XIV domenica del Tempo Ordinario

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Dopo aver indicato le condizioni per seguire il Maestro, come abbiamo ascoltato settimana scorsa, ecco l’invio di un gruppo ben più numeroso di discepoli davanti a sé. L’incarico è chiaro, andare ad annunciare il suo arrivo, preparargli il terreno, in quale modo? Pregando anzitutto, sì la preghiera è sempre il primo atteggiamento che deve caratterizzare il discepolo, perché è con la preghiera che possiamo pian piano riconoscere la grazia che costantemente ci viene offerta tra le mani. L’immagine che utilizza Gesù non è di certo delle più affascinanti… vi mando come agnelli in mezzo ai lupi… non è che normalmente degli agnelli in mezzo ad un branco di lupi facciano proprio una bella fine… eppure il discepolo, da duemila anni a questa parte vive proprio questa condizione rispetto a quanto e quanti lo circondano. Ma questo non deve farci paura, non deve nemmeno farci illudere che la condizione migliore sia quella del lupo, per il solo fatto di essere più forte e prepotente… queste due indicazioni mi pare, quindi, che possano essere lette insieme: il discepolo, come agnello in mezzo ai lupi, non è inviato in ragione della sua forza o capacità di persuasione del lupo, ma proprio nella debolezza di chi si sa affidare al Signore nella preghiera.

Gesù poi sottolinea l’urgenza dell’annuncio, quasi la fretta, per cui non devi appesantirti affidandoti alle cose di questo mondo che funzionano un po’ da zavorra… riprendendo l’immagine di settimana scorsa dello zaino… questo mi è di aiuto ad andare in montagna finché mi serve per metterci l’essenziale, ma se esagero, se ci metto della zavorra… allora non mi aiuta più, anzi diventa di ostacolo a salire rapidamente in montagna. Ed il messaggio è così urgente da non poter “perdere tempo” nemmeno per salutare quelli che si incontrano per la strada… non prendiamolo alla lettera secondo la nostra cultura odierna perché non è questo che vuol dire il Signore, non ci chiede di essere musoni e maleducati, ma ci invita a portare un annuncio ben più alto con la nostra vita, con le nostre relazioni, un annuncio che non si ferma a raso terra, ma che spicca il volo e porta ad incontrare l’Altro con la A maiuscola.

E quanto è soave l’annuncio da portare nella casa che si apre all’accoglienza degli inviati: la pace e la vicinanza del Regno. È lo stesso annuncio che ancora oggi giunge a ciascuno di noi, lì dove siamo sia fisicamente che spiritualmente, il Signore ci raggiunge quest’oggi per annunciare la pace per la nostra casa, per la nostra vita e per dirci che il Regno di Dio, che Lui è accanto a noi: che la pace è con noi perché non siamo soli, ma se lo vogliamo accogliere Lui è il vero ospite della nostra vita che le dona la pienezza.

Di |2016-07-03T13:56:35+02:0003/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
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