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Commento alla Parola domenicale

23 aprile

II domenica di Pasqua (domenica della Divina Misericordia)

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Segni, il Vangelo ci riporta alcuni dei segni compiuti da Gesù, questa è l’affermazione con la quale Giovanni conclude il brano che abbiamo appena ascoltato. Non sono dei segni fini a se stessi, ma hanno lo scopo di aiutare a credere proprio noi che non abbiamo una manifestazione tangibile del Maestro, noi che in fin dei conti possiamo proprio dire di rientrare nel numero di quelli che non hanno visto e hanno creduto, o almeno chiediamo ogni giorno al Signore di aiutarci sempre di più a credere, anche lì dove la nostra ragione non riesce ad arrivare o a comprendere.

Qual è, allora, il segno che quest’oggi Gesù ci consegna, non di certo o almeno, non solo, quello delle piaghe… infatti sono beati quelli che credono senza averle viste. Mi pare di scorgere che il segno autentico che Gesù pone è duplice. Anzitutto si tratta del segno di una gioia ritrovata. Infatti il brano inizia con una chiusura per timore, per paura, si apre alla gioia per l’incontro con il Risorto ed esplode nella beatitudine di coloro che credono pur senza averlo visto.

La gioia è proprio ciò che contraddistingue il cristiano, non la gioia della spensieratezza di chi vivendo con molta superficialità non è capace di dare valore alle cose o ai fatti e quindi vive con un perenne sorriso da ebete sulla faccia, ma la gioia di chi ha scoperto che la sua esistenza ha una direzione sicura, una meta che non è irraggiungibile ma si è fatta vicina a noi proprio perché Dio stesso si è fatto uno di noi, è morto ed è risorto per noi, aprendoci la via per la vita che non tramonta, per la vita piena e definitiva in lui. In questo quanta gioia ci possono offrire le piaghe, il riconoscere che il Risorto non ha cancellato i segni della passione, la croce non è stato un incidente di percorso ma è stata la via della nostra salvezza.

Il secondo segno che mi pare di scorgere è quello della formazione della comunità. Gesù appare nel giorno della Risurrezione ed 8 giorni dopo, potremmo dire che appare la domenica di Pasqua e la domenica successiva… cioè oggi. Ed appare alla comunità dei discepoli riuniti. È il Risorto che tiene insieme quella comunità così disastrata e sfaccettata, loro che erano tutti fuggiti tra il giovedì e il venerdì santo ecco che ora sono nuovamente radunati ed inviati dal Risorto ma con un aiuto in più: col dono dello Spirito Santo che riempie i loro cuori, che agisce e parla attraverso di loro.

È il Signore Risorto e lo Spirito Santo che ci radunano ogni domenica e ci costituiscono come comunità di discepoli, non solo per stare con lui, per ascoltare la sua Parola e nutrirci di Lui, ma per essere ogni volta inviati da lui, lì dove la nostra vita ci porta per essere lì dei testimoni di questa gioia e di questa comunità di fratelli nella quale il Signore ci ha costituiti. Chiediamo al Signore che questi segni si imprimano nella nostra vita e ci aiutino a credere, perché credendo possiamo avere, come promesso dall’Evangelista, la vita nel suo nome.

Di |2017-04-22T16:59:55+02:0023/04/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

16 aprile

Pasqua di Risurrezione

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La quaresima è finita, oggi, giorno di Pasqua siamo qui a celebrare la Risurrezione di Gesù, eppure se abbiamo ascoltato bene il Vangelo di Giovanni non ci parla di lui, o meglio ci pone davanti alla sua assenza, a quella tomba rimasta vuota, potremmo quasi dire disabitata…

Chissà magari arrivando qui questa mattina ci saremmo aspettati di ascoltare di qualche apparizione, di qualche prodigio del Risorto, o magari saremmo stati curiosi di sapere un po’ meglio o un con un po’ più di precisione cosa sia avvenuto in quella mattina di quasi 2000 anni fa…

Invece notiamo questo fatto insieme strano eppur straordinario: questa assenza causa un movimento, non lascia fermi, ecco che la Maddalena che per prima quella mattina, va al sepolcro sembra andarci con passo lento, con molto dolore nel cuore e come quando sei particolarmente giù ecco che i passi sono lenti, quasi trascinati… parte al mattino presto ma non ha fretta. Eppure basta un colpo d’occhio, si accorge di quella pietra rotolata via ed ecco che le gambe le si rinvigoriscono eccola di corsa ad andare dai discepoli ad offrire loro l’annuncio più logico: hanno portato via il Signore… il più umanamente logico… un morto se cambia posto è perché qualcuno l’ha spostato.

Ed ecco Pietro e l’altro discepolo che non se lo fanno ripetere ed anche loro di corsa vanno verso il sepolcro e trovano effettivamente ciò che Maria ha detto loro…

Il tema di quest’ultima tappa del nostro cammino è la missione, sì quella corsa inaugurata da Maria Maddalena per portare l’annuncio che la tomba è rimasta vuota, non si è più fermata: ha contagiato i due discepoli e poi gli altri. Abbiamo inoltre ascoltato nella prima lettura Pietro che annuncia a tutti gli abitanti di Gerusalemme la Risurrezione di Gesù. E questa corsa ha proseguito in tutto il mondo e in tutte le epoche ed è giunta fino a noi.

A noi oggi spetta il compito di proseguire questa corsa, di dire a tutti che la tomba è vuota, che Gesù è Risorto, che Gesù ha vinto la morte.

La missione non dobbiamo confonderla con il partire verso qualche paese lontano, missione è anche vivere in mezzo alle nostre case, nella nostra famiglia, nella nostra classe, nel nostro posto di lavoro, con un cuore aperto, disponibile, accogliente, gioioso perché partecipe della gioia di aver incontrato qualcuno sul nostro cammino che ci ha testimoniato che il Signore è Risorto, ci ha fatto ingranare una marcia in più e con questa gioia nel cuore abbiamo iniziato a correre per annunciarlo a tutti.

Possa essere questa la nostra Pasqua: una corsa rinnovata per annunciare a tutto il mondo che la tomba vuota è il segno della nostra salvezza perché il Maestro ha vinto la morte. Buona Pasqua.

Di |2017-04-15T14:02:23+02:0016/04/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

09 aprile

Domenica delle Palme

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La lettura della Passione del Signore ci porta a riflettere rispetto alla dimensione della fedeltà: mentre infatti da un lato si vede un’umanità infedele, perché tutti, in qualche modo, si allontanano dal Cristo, da quel Maestro acclamato nel suo ingresso a Gerusalemme. Sia le folle, sia i discepoli… in modi diversi non riescono ad essere fedeli a Gesù e alla sua parola.

Invece il Figlio di Dio si presenta a noi come l’unico fedele fino in fondo, come l’unico disponibile ad accogliere la volontà del Padre anche quando questa è scomoda, anche quando è faticosa, anche lì dove chiede la vita stessa a favore di questa umanità infedele.

Nella settimana santa, che con oggi ha inizio chiediamo al Signore il dono della fedeltà, della grazia di saperci abbandonare con fiducia tra le sue braccia per riconoscere la grandezza del suo amore, anche quando questo assume forme diverse da quelle tanto comode che vorremmo incontrare.

Di |2017-04-09T14:18:15+02:0009/04/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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02 aprile

V domenica di Quaresima

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Se tu fossi stato qui… la frase che le due sorelle dicono a Gesù ha un po’ il sapore del rimprovero nei confronti non tanto del maestro che fa i miracoli, ma di quell’amico che nel momento della sofferenza e del bisogno di quella famiglia non è stato presente, è rimasto lontano… e chissà quante volte anche nella nostra vita un pensiero di questo genere ci è balenato nella testa o per noi o per i nostri cari… Gesù, se tu fossi stato qui nel momento della mia sofferenza, del mio bisogno, o del bisogno di quel mio amico o parente…

Eppure non possiamo fermarci qui, Marta infatti gli dice che continua ancora a confidare in lui, in quel suo legame straordinario con il Padre. Marta ha sì sentito una distanza fisica, eppure riconosce una vicinanza di Gesù alla sua vita, riconosce che quel legame è ancora vivo, è un legame buono.

Marta e Maria vivono nella speranza della risurrezione finale, la stessa speranza di Israele ma Gesù viene a porre un annuncio nuovo, mai sentito, è l’inedito di Dio… “io sono la risurrezione e la vita”. In lui c’è la vita vera, la vita piena, quella vita che non avrà fine, non nel senso della vita fisica, ma lui ci apre le porte per un’esistenza vissuta fino in fondo. Gesù ridona la vita a Lazzaro: invoca il Padre perché conceda nuova vita a quel suo amico. Certo la vita di Lazzaro non sarà ancora la vita eterna, ma sarà il segno posto da Gesù di questa vita che è venuto a donare ad ogni uomo.

Gesù chiede a quella gente di togliere la pietra, di fidarsi della sua parola e di compiere quel gesto tanto strano. Chiede anche a ciascuno di noi di togliere la pietra che c’è sui nostri cuori, ci chiede di aprirci affinché la sua parola di salvezza possa giungere alla nostra vita, ci possa offrire la vita piena, la vita vera.

Ci stiamo avvicinando alla Pasqua che sarà proprio il coronamento di questo: quello strumento di tortura e di morte, la croce, si trasformerà in albero di vita, proprio da quella croce giungerà per ciascuno di noi la possibilità della salvezza. I battezzati guardano la croce non con lo sguardo atterrito di chi vede in questo uno strumento di morte, ma per ciascuno di noi è motivo di gioia e di riconoscenza, la croce è il segno proprio di quella morte atroce che è stata sconfitta.

Sia questa la grazia che chiediamo per questa settimana, di venir fuori dalle nostre morti quotidiane che sono i nostri peccati per lasciarci avvolgere dalla salvezza di Gesù per una vita vissuta nella sua grazia.

Di |2017-04-02T09:52:39+02:0002/04/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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26 marzo

IV domenica di Quaresima

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Siamo ciechi anche noi?

Certamente non si tratta di cecità fisica, quella che ci viene presentata quest’oggi, quell’uomo veramente cieco dalla nascita, incapace di cogliere e di fare sua la luce che lo avvolge è immagine di quanti non erano e non sono ancora oggi in grado di cogliere la luce che il Signore Gesù è venuto ad offrire ai cuori dell’umanità.

Un cuore indurito, incapace di cogliere la presenza del Signore nella sua vita possiamo definirlo un cuore cieco, chiuso alla possibilità di lasciar passare la luce, di lasciarsi illuminare.

Quell’uomo nato cieco è stato ritenuto simbolo di peccato da parte della sua gente… chi ha peccato, lui o i suoi genitori… quasi che la malattia fosse un castigo divino, una punizione fisica per qualche mancanza nascosta. Quante volte magari anche noi ragioniamo nei confronti di Dio come se fosse un giudice spietato e vendicativo, come se ciò che ci accade fosse un premio o una punizione… quindi in fin dei conti come se tutto dipendesse solo da noi…

Gesù cambia completamente la prospettiva entro la quale considerare questo e dice che quella cecità è proprio per manifestare, per far venire alla luce… il dono della vista permetterà di andare oltre l’aspetto fisico e di scorgere in Gesù la vera luce del mondo, colui che viene ad offrire una luce più grande di quella fisica, la luce capace di orientare il cammino di tutta la nostra vita: la luce della fede.

È proprio la fede, infatti, che ci permette, come a quell’uomo di scorgere la presenza di Gesù negli avvenimenti della nostra esistenza, di riconoscerlo accanto a noi, nelle persone che incontriamo, nei fatti di ogni giorno.

Se settimana scorsa abbiamo parlato di incontro, questa settimana possiamo dire che con gli occhi della fede ci viene aperta la possibilità di fare concretamente l’esperienza dell’incontro con Gesù, sia nell’esperienza della preghiera in senso stretto, sia in quella preghiera prolungata che sono tutte le azioni, i sentimenti, le relazioni, le scelte o le cose che ci capitano e ci coinvolgono ogni giorno.

La fede, quegli occhi che il Signore ci ha aperto, ci permettono di riconoscerlo nel pane che spezzeremo fra poco su questa mensa, gli occhi del corpo in questo non bastano si fermano agli elementi naturali utilizzati, sono invece gli occhi della fede a permetterci di riconoscere in quel frammento di pane il Signore che si offre per la nostra salvezza. Sia questa luce a illuminare il nostro cammino di conversione, il nostro cammino per riconoscerlo come il nostro Salvatore, la manifestazione del volto amoroso del Padre.

Di |2017-03-26T09:45:04+02:0026/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

19 marzo

III domenica di Quaresima

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Quest’oggi la nostra diocesi ci invita ad avvicinare il tema della Parola che abbiamo ascoltato, dal punto di vista dell’incontro. Potrebbe sembrare scontato partire dall’incontro che subito balza all’occhio, quello fisico tra Gesù e la donna, eppure vorrei provare ad evidenziare altri incontri che il brano ci lascia intravedere.

Anzitutto l’incontro della donna con quei 5 mariti più uno, un genere di incontro che, forse, non ha molto in termini di profondità, di sincerità, di donazione di sé (non è una questione morale ma relazionale).

Possiamo poi scorgere l’incontro tra Gesù e i discepoli, in questo caso possiamo dire che i discepoli incarnano un po’ tutte quelle relazioni nelle quali non ci mettiamo in gioco, ma diamo per scontato ciò che avverrà, ciò che l’altro avrà da dirmi… relazioni nelle quali non ci lasciamo più stupire dall’altro accogliendolo per quello che è, per quello che ci sta offrendo di sé, ma ci fermiamo alle nostre false sicurezze nei suoi confronti…

Abbiamo poi l’incontro fisico tra Gesù e la Samaritana: una donna che cerca di sfuggire dagli incontri con le altre persone ed infatti va al pozzo nell’ora più calda della giornata proprio con la speranza nel cuore di non incontrare nessuno, l’incontro col Signore la fa sentire cercata, conosciuta fino in fondo. L’incontro con Gesù fa andare ciascuno di noi al profondo di noi stessi, scorgendo proprio lì la possibilità di un nuovo modo di vivere l’incontro: anzitutto nei confronti di Dio, non più una questione legale del dove lo si deve adorare, bensì una dimensione di cuore, perché è proprio lì che sei chiamato ad incontrare il Signore della tua vita. E questo cambiamento nel modo di incontrare sé stessa e il Signore porta la donna a cambiare anche il modo di incontrare le persone che le stanno accanto, quei suoi compaesani dai quali cercava di stare alla larga all’inizio del brano per paura di essere giudicata, additata, di divenire oggetto di sguardi indiscreti o di voci maligne. Infatti quell’incontro così sincero e profondo con Gesù, colui che le può dare l’acqua viva, la porta ad incontrare gli altri da testimone, senza vergogne o paure, invitandoli ad andare a vedere colui che le ha detto tutto di lei, colui che la conosceva perfino meglio di lei stessa, ora si pone davanti ai compaesani invitandoli a questo incontro straordinario…

Un incontro che cambierà la vita anche di quanti, ascoltando la donna, accoglieranno l’invito di andare al pozzo ad incontrare quell’uomo e lì saranno testimoni diretti di quella parola così profonda e verace sulle loro vite.

Il Signore ci aiuti ad incontrarlo con trasparenza, lasciandoci provocare da Lui rispetto alla verità di noi stessi, allora cambierà il nostro modo di relazionarci con Lui, con noi, e con quanti condividono con noi il tratto di strada che stiamo compiendo su questa terra.

Di |2017-03-19T08:26:44+01:0019/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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12 marzo

II domenica di Quaresima

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Anche noi come i tre discepoli siamo stati invitati dal Signore a salire con lui su quell’alto monte, siamo qui, questo è il monte sul quale ogni domenica siamo chiamati, come Pietro, Giacomo e Giovanni a fare l’esperienza della trasfigurazione di Gesù. Sì perché su questo altare, siamo chiamati a partecipare al mistero della sua morte e risurrezione, del suo offrirsi per la nostra salvezza e della gloria del Figlio di Dio.

I tre accompagnatori all’inizio vivono l’esperienza un po’ da spettatori, dall’esterno di quanto stanno vedendo, come se fossero lì per caso… chiamati a godere solamente da fuori a quello spettacolo di un Gesù splendente e della presenza di Mosè e di Elia. Al punto da voler prolungare il più possibile quel bel momento, un po’ come quando riusciamo a ritagliarci un momento di pace, di intimità con noi stessi e con il Signore, magari nell’ascolto della sua Parola, vorremmo che non finisse mai, eppure il senso dell’ascolto non è quello del farsi coccolare dalla Parola di Dio, bensì di lasciarsi nutrire da quella Parola affinché la nostra esistenza di ogni giorno possa essere caratterizzata sempre più da un impegno alla conversione.

Infatti la voce del Padre che si fa udire dalla nube invita proprio a portare nel quotidiano della vita quanto sperimentato sul monte e riconoscere in quel Gesù che cammina da Maestro accanto a loro, colui che porta ed incarna la Parola stessa del Padre.

Gesù non lascia soli, infatti si avvicina ai suoi discepoli, li tocca e li invita ad alzarsi senza paura, intraprendendo con coraggio i passi del cammino che si apre dinnanzi a loro. Un cammino che porterà alla Passione e morte del Signore, ma anche alla sua risurrezione.

Il coraggio, invito che la nostra Diocesi ricava proprio da questo brano di Vangelo, non vuole essere la ricerca di una nostra forza interiore personale, quanto piuttosto il frutto dell’esperienza di quella vicinanza di Gesù, il riconoscere di essere stati toccati da lui scoprendo un passo dopo l’altro che lui cammina al nostro fianco, sostenendo i nostri passi quando sono troppo fiacchi o vacillanti, indicandoci il cammino quando non ci è chiara la direzione. Il Maestro non ci lascia soli, la sua presenza duplice come Parola e come Eucarestia sostiene il nostro cammino da discepoli.

Chiediamo a Dio in questa settimana di aver voglia di fare la fatica della salita con lui sul monte per fare l’esperienza straordinaria nella preghiera del suo volto trasfigurato, ma anche il coraggio di portare, poi, nella vita di ogni giorno, nelle nostre attività e relazioni il frutto concreto di questo incontro che ha cambiato il nostro cuore.

Di |2017-03-11T21:37:07+01:0011/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

05 marzo

I domenica di Quaresima

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Potremmo dire che in questi giorni lo Spirito ha cercato di portare anche ciascuno di noi nel deserto, ci ha aperto la strada mercoledì con il rito dell’imposizione delle ceneri che ha aperto il nostro itinerario di quaresima, il nostro cammino verso la croce e la vittoria della vita sulla morte, verso, quindi, la domenica di Pasqua.

Il deserto è il luogo del silenzio e della solitudine, il luogo dove sperimenti l’assenza delle cose intorno a te, o almeno così avveniva ai tempi di Gesù… oggi probabilmente non mancano i confort nemmeno lì… quando non hai tante cose, non hai tanti rumori nella testa e nelle orecchie, quando le cose del mondo e le relazioni tacciono perché le puoi porre un po’ più a distanza, ecco che diventa possibile volgere lo sguardo dentro sé stessi. Non uno sguardo dal sapore egoistico del “finalmente esisto solo io…” ma lo sguardo di chi con molta trasparenza coglie l’opportunità di guardarsi nel profondo delle pieghe della propria esistenza per cogliere come, proprio lì, il Signore ha qualcosa da dire alla sua esistenza.

Gesù ci dà l’esempio, si lascia guidare dallo Spirito nel deserto dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, proprio per comprendere in profondità il senso del suo essersi fatto uomo e, potremmo dire, anche la forma della sua presenza in mezzo a noi.

Ma nel deserto Gesù non si ritrova propriamente solo con lo Spirito ma, come per Adamo ed Eva, ecco insinuarsi accanto a lui la presenza del diavolo, di colui che cerca di separare, di dividere… e questo è proprio l’intento delle 3 tentazioni che abbiamo appena ascoltato.

Ma Gesù non si lascia intimorire. Anzitutto è bellissimo il fatto che lo stesso Figlio di Dio sia stato tentato, sarebbe stato troppo facile esserne esentato. Anche lui, come noi, ha dovuto fare i conti con il male, ma in questo confronto Gesù ha saputo giocare le carte giuste ed è risultato il vincitore, mostrandoci la via per non soccombere all’antico tentatore che fin dall’inizio dei tempi cerca di storpiare nel cuore dell’uomo il senso e il significato di quella Parola d’Amore che il Padre da sempre ha rivolto all’umanità. Non è una parola per ottenere fama con gesti eclatanti, a suon di miracoli, nemmeno la parola di un Dio dispotico ed interventista pronto ad assecondare ogni capriccio di suo Figlio… e tanto meno una parola che cerca potere e forza… ma è la parola premurosa e carica di cura di un Dio che ha creato e redento l’umanità per puro amore.

Il Signore ci ha mostrato che scegliere di stare dalla parte di Dio e della sua Parola è possibile, anche se non è facile ed immediato. Questo cammino di deserto quaresimale ci aiuti a confrontarci sinceramente e profondamente con la Parola di Dio per essere capaci di scelte coraggiose e coerenti di figli riconoscenti per quell’amore ricevuto dal Padre.

Di |2017-03-02T21:18:41+01:0005/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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26 febbraio

VIII domenica del Tempo ordinario

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Non preoccupatevi… è un invito forte del Signore, quello che ci raggiunge oggi. Gesù non ci chiede di passare la vita in ozio o in attesa che gli avvenimenti ci precedano e si risolvano da soli, ma ci chiede di non preoccuparci. L’occupazione nelle cose di ogni giorno serve, è importante, per riprendere la saggezza degli antichi è ciò che nobilita l’uomo. Mentre l’ozio è padre dei vizi. Occuparsi di chi e di ciò che ci circonda è proprio della natura umana, è ciò che il Creatore stesso ha fatto quando ha consegnato il giardino ad Adamo ed Eva perché lo coltivassero, ma anche dopo la cacciata Dio ha chiesto all’uomo di coltivare la terra col sudore della sua fronte; ma lo stesso Gesù si occupa delle cose del Padre suo, così risponde a Maria e Giuseppe quando lo ritrovano dodicenne nel tempio dopo tre giorni di ricerche.

Se occuparci è cosa buona, pre-occuparsi è l’atteggiamento di chi confida solo in sé stesso, nelle sue forze, nelle sue capacità, in ciò che possiede. È il modo di porsi di fronte alla vita, agli altri, agli avvenimenti partendo da quanto uno ha, ponendo in quello la sede della propria forza.

Chi si affida alla ricchezza come sicurezza per sé e per il proprio futuro, via via relega il Signore solo in un angolino del proprio cuore, non gli lascia lo spazio di agire… potremmo dire che il nostro cuore è troppo piccolo perché ci stiano entrambi: o c’è posto per il Signore oppure c’è posto per la ricchezza. Infatti se io ho la sicurezza di quanto ho, oppure di conoscenze “in alto” o che contano nella società, oppure ho una posizione sicura e intoccabile che mi fa stare con le spalle coperte perché tanto qualunque cosa faccio o dico nessuno mi può far nulla… che bisogno ho di confidare nella presenza e nella cura premurosa e amorevole di Dio? Mi basteranno le cose o le relazioni terrene… peccato che in questo modo il nostro cuore potremmo definirlo un po’ malato di miopia, incapace di vedere al di là dei pochi o tanti anni che la vita ci regalerà. Se, invece, io ripongo la mia fiducia in Dio, riconoscendo anzitutto che il suo dono mi precede sempre, al punto che io stesso sono un dono, non mi sono creato da solo, lui mi ha donato la vita, questo corpo, questa storia… non credo che nessuno di noi si accontenti di sentirsi un incrocio casuale seppur ordinato di cellule… Allora mi occuperò delle cose che mi circondano e della mia stessa vita, non con l’ansia di chi ha qualcosa da difendere, ma con la riconoscenza di chi incontra proprio anche attraverso questi doni straordinari che si rinnovano ogni giorno il proprio Creatore e lo riconosce come Padre premuroso che sa di cosa abbiamo bisogno perché ci conosce persino meglio di noi stessi.

Di |2017-02-26T09:36:55+01:0026/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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19 febbraio

VII domenica del Tempo ordinario

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Se amate quelli che vi amano… e se date il saluto soltanto ai vostri fratelli… Gesù oggi parla in maniera piuttosto dura e decisa. Ci sprona a non essere tiepidi, a non essere qualunquisti… non basta voler bene a quelle persone verso le quali è scontato che si rivolga il nostro amore e la nostra attenzione… quello lo sanno e lo devono fare tutti, è questione semplicemente di rispetto umano e non c’è bisogno di scomodare il Vangelo per questo: è una legge scritta nel cuore dell’uomo anche se magari una spolveratina una volta ogni tanto per ricordarci l’importanza dell’amore per la nostra vita e l’importanza anche del saluto come segno di accoglienza e di dignità reciproca… magari non ci farebbe male…

Ma Gesù supera questo. Nell’Antico Testamento era scritta la regola secondo la quale ad uno sgarbo si poteva rispondere con uno di uguale portata… da cui la definizione della regola “occhio per occhio e dente per dente”. Che ha anche una sua logica di fondo nel cercare di contenere il vortice del male che a volte si genera nel cuore dell’uomo che sa essere anche molto malvagio, soprattutto verso i suoi simili e i più deboli. Allora ad uno sgarbo non puoi vendicarti facendo il doppio… se uno ti ha rigato la macchina tu non puoi fargliela esplodere perché ti ha fatto arrabbiare e ti vuoi vendicare… per la legge di Mosè tu al massimo sei legittimato a fare altrettanto. Questa non è l’autorizzazione a fare il male, ma una rudimentale forma di giustizia secondo la quale la tua punizione è pari a quanto hai compiuto. Gesù ci chiede, come suoi discepoli, di andare oltre, di non rispondere al male con altrettanto male ma di continuare ad amare quella persona anche se ci ha fatto soffrire e di pregare per lei. Quanto è difficile questo… se qualcuno ti ha fatto stare male quanta fatica facciamo umanamente a dargli un’altra possibilità… se qualcuno ci ha ferito nel profondo il nostro cuore in un certo senso lo espelle, lo butta fuori perché non continui a farci del male… ma questa è la radice del risentimento… se io continuo a tenere dentro di me quella sofferenza, se non riesco a rimuovere quello sgarbo, quella parola offensiva, quel gesto negativo che mi è stato rivolto… pian piano il male troverà casa nel mio cuore… nella forma del risentimento che altro non è che una chiusura in sé stessi.

Il Signore ci aiuti a consegnare a lui le persone che nella vita ci fanno stare male, quelle che ci provocano sofferenza in maniera consapevole oppure no. Lui le sa amare comunque, la sua misericordia si rivolge su di loro, così come la sperimentiamo rivolta su noi stessi. Chiediamo il suo aiuto perché il nostro cuore si liberi da tutti i risentimenti e da tutti i sentimenti negativi per diventare sempre più capace di amore, proprio come il suo, allora sì sapremo amare gli altri come noi stessi.

Di |2017-02-19T09:26:04+01:0019/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
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