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Commento alla Parola domenicale

09 luglio

XIV domenica del tempo Ordinario

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Che stupenda preghiera di Gesù abbiamo potuto ascoltare quest’oggi. Gesù ha trasformato in lode a Dio quanto stava avvenendo intorno a lui e per mezzo di lui. E cosa stava avvenendo? Che i piccoli, gli umili, i semplici stavano accogliendo il suo messaggio. Avrebbe potuto innalzare una preghiera per tutti coloro che il messaggio lo stavano rifiutando, per quei sapienti e dotti, magari lamentandosi che avevano il cuore duro e non lo stavano accogliendo, invece Gesù, anche in quel momento non semplice riesce a rendere lode al Padre.Sono i piccoli, i semplici e gli umili che hanno il cuore libero e disponibile per accogliere il messaggio di amore di Gesù, per i quali è possibile scorgere, nel volto del Maestro, il volto stesso di Dio che si è reso visibile, che si è rivelato all’umanità.

Quante ritrosie e chiusure ciascuno di noi manifesta nei confronti del Signore, quante volte il nostro cuore è duro e non è capace di accogliere il messaggio buono del Vangelo, chiediamo al Signore di essere un po’ di più quei piccoli, capaci di accogliere il suo messaggio, la buona novella, il Vangelo che è venuto a portarci. Allora anche il nostro cuore, come il suo si aprirà alla dimensione della lode a Dio, del riconoscimento della sua grandezza e della sua azione nella nostra vita.

Il Signore ci chiama a sé, si pone come il nostro ristoro, quel luogo accogliente… pensando a queste giornate così calde e torride potremmo pensare a Gesù come un’oasi, un luogo fresco e accogliente, con acqua fresca per dissetarsi e poter riprendere fiato. In un periodo come l’estate nel quale ciascuno cerca il tempo propizio per “staccare un momento la spina”, per riprendere fiato e riposarsi un pochino ecco che Gesù ci offre sé stesso come il ristoro, questo non vuol dire che sostituisce un adeguato tempo di riposo, anche perché se uno non si riposa mai alla fine si appiattisce, non ha il modo di rimettere in ordine le idee, di ricaricare la mente e il corpo. Il riposo fisico e mentale è fondamentale per l’esistenza umana e Gesù non lo demonizza anzi, invita anche i suoi discepoli in disparte a riposare, ma ci dice che lui è il ristoro, non basta riposare mente e corpo, la nostra anima ha bisogno di ristoro e questo ristoro si trova solo in lui, poniamo in lui le nostre fatiche e oppressioni, lui le porterà con noi e darà ristoro alla nostra vita.

Il Signore ci dia la grazia di cercarlo e riconoscerlo come il nostro ristoro, come il solo capace di alimentare, sostenere e rivitalizzare la nostra anima, la nostra esistenza, poniamo in lui tutti i nostri problemi, stanchezze, fatiche e preoccupazioni e accogliamo la sua grazia che ci ritempra.

 

Di |2017-07-09T11:29:18+02:0009/07/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

02 luglio

XIII domenica del tempo Ordinario

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Quanto è esigente il Vangelo di oggi! Si tratta di un brano che dovrebbe farci sobbalzare, di un brano scomodo… stiamo attenti al rischio dell’abitudine, dell’ammorbidire o accomodare le cose affinché non ci diano troppo fastidio…

È questo un rischio sempre pronto a pervaderci, il rischio delle mezze risposte che non ci coinvolgono in prima persona, che ci permettono di mimetizzarci, di nasconderci, di deresponsabilizzarci rispetto alla nostra esistenza.

Oggi il Signore ci chiede di prendere posizione e nel nostro prendere posizione nei suoi confronti ecco che daremo a lui una posizione nella nostra vita. Ogni momento e ogni scelta della nostra esistenza sono sempre caratterizzate dal prendere posizione, a favore o contro… solo chi vive nell’ambiguità e nella meschinità si nasconde e aspetta che altri prendano posizione per poi mettersi dalla parte della maggioranza o di quelli che alla fine risultano i vincenti…

Un genitore prende posizione ogni giorno nei confronti dei propri figli, sono i sì e i no che ogni volta è chiamato a pronunciare… ma ci immaginiamo come crescerebbero o sarebbero cresciuti gli stessi figli se avessimo sempre risposto in maniera accomodante oppure non avessimo risposto per non metterci la faccia e aspettando di vedere alla fine il risultato? Probabilmente il risultato educativamente e affettivamente sarebbe stato un fiasco completo… lo stesso vale per ogni ambito della nostra vita…

Il Signore oggi non viene a mettersi in concorrenza con i nostri affetti, ma ci chiede di dare il giusto valore alle cose e di avere il coraggio di risposte serie, convinte e responsabili. Il Signore ci chiede di amarlo più di ogni altra cosa, perfino più dei genitori – e questa è un esperienza comune a tutti -, o dei figli – per chi ha la fortuna di averne -; ma non solo ci chiede di amare lui perfino più di noi stessi, della nostra stessa vita… ci verrebbe da dire che qui sta di sicuro esagerando, ci verrebbe da fare almeno una scrematura delle sue parole… ma in realtà non è che… no! Il Signore senza giri di parole ci dice che dobbiamo guardare a lui come ciò di più importante che abbiamo. Le nostre relazioni sono sempre qualcosa di finito, sono caratterizzate dai nostri limiti e difetti, dalle incomprensioni, assolutizzare una relazione umana, anche la più bella come quella genitore-figlio, o assolutizzare se stesso alla fine ci fa perdere il senso della nostra esistenza… la relazione vera è una relazione di libertà, non di schiacciamento… io non sto amando una persona se voglio che sia sempre appiccicata a me… Gibran nel suo poema “Il matrimonio” scrive:

Amatevi reciprocamente ma non fate dell’amore un laccio…

le corde del liuto son sole benché vibrino della stessa musica.

Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro.

Poiché solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori.

Consegniamoci a questa mano della Vita, con fiducia di essere da lui custoditi, riconoscendo che con Lui anche le relazioni umane assumono la dimensione della pienezza, lui le esalta non le schiaccia perché in lui abbiamo la certezza di non perdere la nostra ricompensa.

Di |2017-07-01T11:43:20+02:0001/07/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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25 giugno

XII domenica del tempo Ordinario

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Non abbiate paura…

Potremmo dire che è uno degli inviti più universali che il Signore abbia fatto ai suoi discepoli… lungo buona parte della storia infatti i cristiani avrebbero potuto avere paura degli uomini, di quanto avveniva intorno a loro… hanno cominciato gli apostoli nel cenacolo dopo la morte di Gesù a barricarsi dentro per paura dei Giudei, almeno fino al giorno di Pentecoste, ma il dono dello Spirito ha dissolto la paura e anche in presenza delle molte persecuzioni e attacchi che la Chiesa tutta ha subito nel corso della storia, davvero questo invito di Gesù ha continuato a riecheggiare nel cuore e nelle orecchie di tutti i battezzati.

Non abbiate paura… perché non avere paura in un mondo nel quale non abbiamo sicurezze, nel quale ci viene ogni giorno insinuata la diffidenza nei confronti del fratello, nel quale devo barricarmi in casa perché non so cosa potrebbe succedermi… il Signore ci dice di non aver paura perché siamo nelle sue mani, perché è lui a custodirci, a prendersi cura di noi… e ciascuno di noi vale più di molti passeri.

Ma la paura potrebbe non essere vista solo come l’incertezza nei confronti del fratello che ho accanto e che non conosco, la paura potremmo anche vederla come la diffidenza, la chiusura nei confronti della vita stessa, di tutte quelle cose che ci capitano addosso, di quegli eventi che non siamo noi a decidere, di quelle situazioni della vita che ci fanno arrancare ci fanno sembrare questa vita come un assaggio di inferno (e non per il clima infernale di questi giorni) ma per le fatiche che magari siamo chiamati ad affrontare e che ci sembrano essere più grandi delle nostre forze, quelle situazioni che vorremmo cambiare ma non abbiamo la forza o la possibilità di cambiare…

Il Signore oggi ci viene a dire di non aver paura nemmeno di questo, riconosciamoci custoditi da Lui, poniamo in Lui le nostre fatiche, gli avvenimenti della vita che sembrano in un certo senso uccidere il nostro corpo perché non ci fanno vivere sereni, ci straziano il cuore e lo spirito, condividiamole con Lui, non perché Lui ne sia allo scuro e abbia bisogno di essere informato, no, ci conosce a fondo perfino meglio di noi stessi… ma condividiamo con lui le nostre ansie, preoccupazioni, fatiche per riconoscere che lui le porta con noi e non ci lascia mai soli.

Allora anche le situazioni più difficili e che ci incutono paura, saranno illuminate dalla sua presenza e potremo riconoscere che non hanno il potere di uccidere la nostra anima. Il Signore ha posto le stelle nel cielo per illuminare la notte, così ha posto la sua Parola nella nostra vita per illuminare anche i momenti più bui.

Di |2017-06-25T08:33:46+02:0025/06/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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18 giugno

Solennità del Corpo e Sangue del Signore

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Se uno mangia di questo pane vivrà… il pane è vita, lo sapevano gli antichi… e anche i nostri nonni, oggi noi abbiamo un po’ perso di vista questo perché siamo convinti che il pane ci faccia solo aumentare di peso e per questioni di linea e di “prova costume” via via abbiamo cancellato questo alimento base dalle nostre tavole.

Il pane, il segno da sempre di ciò che ti nutre in maniera sana e che ti fa crescere. Tu lo prendi, lo mangi e trasformi in parte di te gli elementi di cui il pane è composto. Ma se questo è quanto avviene con il cibo che troveremo sulle nostre tavole tornando a casa, non è così invece per quel pane che ci verrà offerto su questa tavola. Gesù si offre a noi nel pane e nel vino che saranno, dopo la consacrazione il suo Corpo e il suo Sangue. Nulla cambierà esteriormente, gli elementi fisico-chimici di cui sono composti il pane e il vino resteranno gli stessi eppure qui su questo altare avverrà il miracolo più grande della storia: il pane e il vino diventano il Corpo e Sangue di Gesù, diventano tutta la sua vita, la sua esistenza che si offre a noi e, di nuovo, ecco che avviene poi qualcosa di diverso rispetto al pane delle nostre tavole: infatti ricevendo la comunione, non saremo noi ad assimilare gli elementi nutritivi della particola, ma sarà Gesù ad assimilare noi a lui, sarà lui a farci sempre più simili a lui.

È l’evento più straordinario della storia, il miracolo che tutti i giorni si ripete su tutti gli altari del mondo. Gesù che si rende nostro cibo per farci sempre più simili a lui.

Ed uscendo dalla Messa, con Gesù nel nostro cuore e nel nostro corpo ecco che ogni domenica compiamo la più autentica delle processioni eucaristiche, portiamo Gesù nelle nostre case, nelle nostre strade, non come un oggetto da vedere o come il modo di sfoggiare ricchezze antiche che a volte crediamo abbiano più valore di quel pezzo di pane… ma proprio come la presenza reale di Gesù in mezzo alla nostra storia perché è dentro di noi e noi siamo sempre più simili a lui.

Abbiamo il coraggio di essere noi l’autentico ostensorio vivente di Gesù, portiamolo lì dove viviamo, dove la gente soffre, dove la giustizia sembra un valore dimenticato, dove l’amore è ferito o infranto, dove la verità fa male ma dove la chiacchiera cattiva fa ancora più male perché intacca il tessuto comunitario… con la nostra vita nutrita di lui portiamo la sua presenza vivificante, affidiamo a lui quanto non possiamo cambiare noi.

Nutriamoci di lui ogni volta che veniamo alla Messa, sentiamo il bisogno di questo nutrimento che ci aiuta a camminare sulle sue vie, a tenere lo sguardo orientato verso il cielo, verso di lui.

Di |2017-06-17T09:33:38+02:0017/06/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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11 giugno

Santissima Trinità

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Dio ha tanto amato il mondo… Dio è fondamentalmente amore e questa domenica nella quale riconosciamo, professiamo e celebriamo il suo essere Trinità, ci riporta proprio all’essenza di Dio, come colui che ama e che vuole essere in relazione.

Una relazione anzitutto che si manifesta nelle 3 persone della SS. Trinità, così legate da essere un unico Dio, ma una relazione che non si vuole fermare… potremmo dire in cielo… ma che si vuole allargare a coinvolgere tutta l’umanità. Dio ha creato il mondo per amore, per entrare in relazione con noi ma, come ci ha ricordato la prima lettura noi siamo un popolo dalla dura cervice che commette colpe e peccati ecco che allora ha inviato il Figlio unigenito come dono di amore per il mondo, affinché il lui abbiamo la possibilità di trovare la salvezza.

Certo non è una salvezza calata dall’alto, che ci obbliga a credere o a ricambiare, ma proprio perché è amore, come ogni manifestazione di amore vero ha come caratteristica primaria quella della libertà. Possiamo scegliere in ogni momento di stare dalla parte di Dio o meno, di accoglierlo nella nostra vita, o di ritenerci autosufficienti, di tenere lo sguardo rivolto verso l’alto e illuminato da una speranza fondata sulla sua promessa di una vita eterna insieme con lui, oppure di avere uno sguardo un po’ più basso, che si ferma al qui ed ora, alle cose della terra, alle cose materiali che sembrano appagarci adesso, ritenendo che poi tutto finisce, che l’importante è stare bene qui… magari anche a scapito di chi mi sta accanto…

Dio non ci obbliga, non ci costringe a rivolgere verso di lui il suo amore… la sua salvezza è offerta a tutti, indistintamente, eppure troverà la possibilità di una concretezza solo in chi avrà creduto, portando proprio la libertà fino in fondo… Dio non ti obbligherà ad amarlo nemmeno quando questa vita terrena sarà terminata. La tua libertà è, come sempre del resto, una libertà chiamata ad essere responsabile… non costringerà a stare con lui chi liberamente ha deciso di non voler aver a che fare con lui.

E come possiamo riconoscere la grandezza di questa libertà che per amore ci viene posta fra le mani? È lo Spirito che abbiamo celebrato settimana scorsa, che ogni giorno ci aiuta, ci è posto come compagno di viaggio per aiutarci ad alzare lo sguardo a non fermarci alle cose terrene, ma a riconoscere quell’amore che ogni giorno ci avvolge e ci viene donato gratuitamente, anche quando magari non riusciamo a riconoscerlo o si sembra di essere soli in alcuni momenti di difficoltà… non siamo soli, apriamo il cuore a Dio e riconosceremo che davvero “tanto ha amato il mondo” e diremo “tanto hai amato me” e non potremo far altro che lodare la sua gloria.

Di |2017-06-11T08:58:07+02:0011/06/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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04 giugno

Pentecoste

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Il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci riporta a quel primo giorno della settimana: alla sera di Pasqua. Gesù appare ai suoi discepoli chiusi nel cenacolo impauriti per il rischio che le autorità facciano fare anche a loro la stessa fine del Maestro.

La prima consegna che il Risorto fa alla comunità riunita è la Pace. Una pace interiore, spirituale. La Pace che sorge dal riconoscere che non è tutto finito, che la morte non ha vinto, che le autorità giudaiche non hanno avuto la meglio rispetto all’annuncio della Buona Novella. Gesù offre una pacificazione dell’anima, che non è il mettersi il cuore in pace di chi vive nella rassegnazione che tanto non c’è nulla da fare, ma la pace di chi riconosce che il bene e la vita ha vinto, che la morte è stata sconfitta, quindi qualunque cosa avvenga non ci può più schiacciare.

Certo non è qualcosa di umanamente facile e immediato, eppure quando riusciamo a consegnarci e affidare le nostre scelte, le nostre vite… perfino i nostri errori e fatiche nelle mani del Signore, ci accorgiamo che il nostro Spirito viaggia con una marcia in più, che non è qualcosa di nostro, non è una qualità umana di chi è particolarmente ottimista o illuso, ma è la grazia di Dio che si manifesta nel condurci per le strade del mondo e della nostra vita, accompagnati da lui.

E il Signore ci accompagna proprio per mezzo del dono dello Spirito Santo, quello spirito esalato dall’alto della croce e poi consegnato la sera di Pasqua ai discepoli e disceso il giorno di Pentecoste, come oggi stiamo celebrando. Questo Spirito è stato consegnato alla Chiesa, anzi ha fatto nascere la Chiesa e l’ha inviata nel mondo intero. Se dopo 2000 anni siamo ancora qui riuniti a celebrare l’Eucarestia, nonostante tutti gli sbagli e le imperfezioni dell’umanità è proprio perché lo Spirito ogni giorno soffia su di noi e ci conduce all’incontro più grande della nostra esistenza che è quello con il Padre Celeste. E la consegna fatta alla Chiesa è duplice: anzitutto andare… io mando voi. I discepoli sono chiamati a non restare chiusi nel cenacolo nelle loro sicurezze e comodità, ma sono chiamati ad andare ad annunciare il Signore Risorto a tutti gli uomini, così è per noi, siamo chiamati a portare Gesù nelle nostre vite, nelle relazioni di ogni giorno vissute nell’abbandono fiducioso a quella pace che il Signore ci ha offerto, relazioni vissute nel rispetto reciproco, nella fiducia, nella serenità… e nel perdono, ecco il secondo mandato. Noi siamo chiamati ad offrire il perdono dei peccati, non perché siamo bravi, non perché le cose dolorose non ci tocchino, non come se offrissimo qualcosa di nostro, ma offrire il perdono del Signore, proprio perché lui per primo l’ha offerto a noi, solo riconoscendoci perdonati possiamo essere capaci di perdonare.

Lo Spirito Santo guidi i nostri passi sui sentieri della nostra vita.

Di |2017-06-03T16:53:45+02:0004/06/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

28 maggio

Ascensione del Signore

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Siamo saliti insieme con gli undici discepoli sul monte, come loro ci siamo fidati di quella Parola, di quella richiesta che ci ha raggiunto di re-incontrarlo lì dove tutto era cominciato. È bello e fonte di consolazione e di gioia, cogliere che quegli undici, sì si sono fidati di quella parola, eppure Matteo sottolinea che dubitarono.

Ad un primo colpo d’occhio, questo potrebbe scandalizzarci: ma come, proprio loro che erano stati con lui per ben 3 anni dubitano? E allora noi?… invece credo che questa pennellata di umanità che l’evangelista ha messo ci aiuti proprio a riconoscere come l’andare dietro a Gesù non è questione di aver capito tutto, di avere già le idee chiare, ma implica soprattutto una relazione da instaurare con lui. I discepoli, pur dubitando si sono mossi da Gerusalemme e sono tornati in Galilea per quell’amore che ha scaldato i loro cuori nel corso di quei tre anni, un amore che non è venuto meno e non si è spento nemmeno quando il Maestro tanto amato è stato catturato, messo in croce ed ucciso. Certo tutti ricordiamo che la paura l’ha fatta da padrone nel cuore dei discepoli in quel momento e chi non l’avrebbe avuta… eppure il loro cuore ormai è segnato da questa presenza di amore che ti rende veramente uomo fino in fondo e vanno sul monte, portando con sé tutti i dubbi, tutto il loro bagaglio di umanità… così è per ciascuno di noi, andiamo da Gesù portando tutto noi stessi, tutto quanto alberga nei nostri cuori, nelle nostre vite… non possiamo lasciarlo fuori dalla porta, non sarebbe giusto perché noi siamo fatti di tutto ciò che viviamo ogni giorno e tutto questo siamo chiamati a portare davanti al Signore…

Chi aspetta di non avere più dubbi, di aver capito tutto… non accoglierà mai la proposta del Signore di incontrarlo… mi chiedo infatti se c’è almeno una persona presente qui, ora, che possa dire di non aver nessun dubbio, di aver capito tutto, di essere pronto al 100% all’incontro faccia a faccia con Dio… non credo, siamo qui con la voglia di incontrarlo, di essere suoi amici, suoi discepoli, cercando di comprendere di domenica in domenica qualcosa di più del volto del Padre che Gesù è venuto a rivelarci e a mostrarci.

Ed ecco allora il mandato che Gesù affida a questi 11 che dubitano: andate, fate discepoli, battezzate e insegnate… ma come… erano pieni di dubbi… eppure proprio grazie a quei dubbi la grazia di Dio ha potuto agire nelle loro vite, allora anche ciascuno di noi, in un certo modo è chiamato ad andare, sì ad uscire al termine della Messa per andare nel mondo e lì annunciare con la propria vita, fatta di tanti gesti buoni ma anche di peccato e fragilità, andare e testimoniare che l’amore di Dio ti riempie la vita di gioia perché Dio non ti lascia mai solo, ma è con noi fino alla fine del mondo.

Di |2017-05-28T09:23:32+02:0028/05/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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21 maggio

VI domenica di Pasqua

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Se mi amate. Questa domenica è caratterizzata dalla dimensione dell’amore. Amore ricevuto e amore donato.

Torna per ben 5 volte nel breve brano che abbiamo ascoltato, la dimensione dell’amore. Amare Dio, si manifesta nella vita di ogni giorno, dall’osservare i suoi comandamenti. Infatti potremmo interpretare i comandamenti come delle fredde imposizioni, come un’ulteriore legge al pari di quella statale che, semplicemente ci imponga di fare o non fare alcune cose. I comandamenti del Signore, però non ci sono stati consegnati con questo intento, ma sono la manifestazione concreta dell’amore che Dio ha rivolto all’umanità intera e, quindi, anche a ciascuno di noi. Avere a cuore, cioè portare nel cuore i comandamenti del Signore vuol dire fare spazio per Lui nella nostra vita, riconoscere che questi sono un dono che ci è stato posto fra le mani per la nostra gioia e per il nostro bene. L’osservare questi ci rende davvero uomini e donne vere, ci fa togliere le maschere ci apre ad una dimensione veramente umana e umanizzante… e come avviene per ogni dono, questo è la manifestazione concreta dell’amore di colui che ce lo consegna. Se così avviene per i doni che ci scambiamo umanamente, chiedendo loro di diventare segno di un legame di stima, di amicizia, di amore… tanto più per i doni che vengono da colui che è puro Amore con la “A” maiuscola.

Quanta pace, gioia e calore ci riempie il cuore il riconoscerci persone amate. Ebbene, se ci sentiamo così quando abbiamo qualcuno intorno che ci manifesta il suo amore, il cristiano ha una marcia in più perché sa di non essere mai solo ma di poter contare sempre sull’amore di Dio, un amore personale che Dio ti rivolge, ci rivolge. Un amore avvolgente, un amore che è segno di vicinanza, relazione. Non siamo soli, ma tutta la SS. Trinità è con noi ogni istante della nostra vita.

Gesù ha promesso che pregherà il Padre perché ci mandi lo Spirito della verità e rimanga per sempre con noi. La relazione con Dio è relazione di verità, nella quale siamo chiamati ad essere veri. Lì potremo riconoscere l’amore che il Padre e il Figlio suo ci rivolgono.

Si tratta di un amore personale, che ti guarda, ti conosce e ti riconosce per quello che sei, per ciò che porti dentro, sa di cosa hai bisogno, non come capriccio, ma quei bisogni veri, profondi, vitali. Sa che ciascuno di noi è diverso, proprio come un padre e una madre sanno che i loro figli hanno ciascuno delle necessità diverse e a quelle si fanno vicini.

Riconosciamoci amati dal Signore, sentiamo la sua vicinanza, il calore del suo amore riempia il nostro cuore e ci renda capaci a nostra volta di amare i nostri fratelli.

Di |2017-05-21T09:33:49+02:0021/05/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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07 maggio

IV domenica di Pasqua

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Gesù si presenta a noi, quest’oggi, come il pastore delle pecore, colui che delle pecore si prende cura, le protegge, le conduce perché trovino acqua e cibo…

Colpisce molto la familiarità che traspare dal brano tra il pastore e le sue pecore… è una relazione molto stretta, bella, di fiducia e amore reciproci. Sì perché il pastore le conosce e le chiama ciascuna per nome, non sono un gruppo qualunque, ma le conosce, le ha rese parte della sua vita. Allo stesso tempo, le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.

Sappiamo che, se Gesù è il pastore, noi siamo le pecore. Purtroppo l’immagine della pecora, oggi è intaccata dall’immagine negativa di chi segue la massa senza comprendere dove sta andando, senza scegliere ma assecondando quello che fanno tutti… la definizione di essere dei pecoroni…

Ma per un cristiano non è così… non siamo pecoroni perché non seguiamo ogni voce che ci raggiunge ma siamo chiamati ad ascoltare e riconoscere la voce del pastore. Questa è una voce diversa, è una voce carica di amore ma soprattutto è chiamata a diventare una voce sempre più conosciuta da parte di un cristiano. Gesù ci parla, ci rivolge la sua parola, una parola di vita… io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Le pecore seguono quella voce perché hanno imparato ad ascoltarla, a riconoscere che non è una voce di perdizione ma la voce che conduce verso la vita.

Quanta fatica facciamo, a volte, a dare ascolto alla voce del Pastore della nostra vita, quante altre voci ci raggiungono nel corso di una settimana, voci che ci illudono di essere più degne di fiducia rispetto a quella del Pastore, eppure voci che non portano da nessuna parte perché non hanno a cuore la nostra vita, la nostra salvezza, bensì proprio come nell’immagine del ladro e del brigante, sono voci che ricercano il proprio interesse il proprio tornaconto, voci che illudono, che ammaliano, ma poi ti lasciano a mani vuote… ma soprattutto con il cuore vuoto.

Riconosciamo in Gesù il solo nel quale la nostra esistenza può trovare la salvezza, affidiamoci a lui. Chiediamo la grazia di avere un cuore capace di riconoscere la sua voce, perché si è reso familiare con Lui. Perché una voce sia riconoscibile in mezzo al frastuono di mille altre, bisogna averla ascoltata e riascoltata, averla fatta entrare nel nostro cuore oltre che nelle nostre orecchie. Così è per la Parola di Dio, per la voce del Pastore, proviamo ad aprire le orecchie del cuore e scopriremo che il Pastore della nostra vita ci cerca per il nostro bene e la nostra salvezza.

Di |2017-05-06T21:59:33+02:0007/05/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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30 aprile

III domenica di Pasqua

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Se ne stanno andando, sì, quei due discepoli stanno lasciando dietro le loro spalle Gerusalemme e con lei tutta l’illusione del cammino fatto insieme a quel Maestro.

Camminano e discutono, o meglio, si dicono vicendevolmente i motivi della loro tristezza e delusione e li identificano in quei fatti avvenuti nei giorni precedenti e riguardanti la fine di Gesù. Possiamo immaginarceli, con il passo stanco, deluso, sguardo basso e triste, cuore spezzato… ma ecco che proprio nel momento della massima delusione e tristezza, proprio nel rifiuto di quella situazione si avvicina un viandante. Noi sappiamo essere Gesù, ma loro non erano in grado di riconoscerlo. Gesù li raggiunge proprio lì dove il loro cuore è deluso, spezzato, lì dove la fragilità e lo smarrimento sembrano avere la meglio, proprio in quel momento si fa loro e nostro compagno di viaggio. Non ci lascia soli, ma non ci obbliga nemmeno a tornare indietro, bensì ci accompagna e anche questo è straordinario della cura che manifesta e dimostra sempre verso ogni uomo: non appare dicendo ai discepoli tornate indietro, sono io… no! Anzitutto si fa compagno di viaggio, si pone accanto a loro. Certo non si manifesta compagno tenero, potremmo dire che non li coccola di certo nel loro dolore: li definisce stolti e lenti di cuore… eppure proprio partendo dal loro dolore li aiuta a rileggere tutto quanto è avvenuto. Suscita in loro il desiderio di ascoltare, di rileggere gli avvenimenti della croce alla luce della Parola di Dio, scalda il loro cuore con la fiamma della Parola.

Come cambiano le cose, anche le nostre chiusure e delusioni se lasciamo entrare la Parola di Dio, se le lasciamo illuminare e scaldare il nostro cuore… riconosciamoci accompagnati e non abbandonati, riconosciamo che lì dove il nostro passo si fa più stanco, più debole, ha il sapore della rinuncia e del tornare indietro, lì Gesù si fa nostro compagno di viaggio e ci chiede di smuovere il nostro cuore per lasciar agire la sua Parola in noi.

E questa parola è efficace al punto che i discepoli, giunti a destinazione non vogliono separarsi dal viandante che ha aperto loro il cuore e esprimono una delle richieste più belle “Resta con noi…” e proprio intorno a quella mensa lo riconoscono nel gesto dello spezzare il pane. La Parola ha preparato il cuore perché quel gesto avesse qualcosa da dire alla loro vita, è quanto facciamo ogni domenica qui alla Messa, la Parola che il Signore ci offre ci permette di riconoscerlo nello spezzare il Pane. Ed ecco che le loro gambe si rinfrancano perché il cuore ora arde di fede e di gioia e possono correre di nuovo a Gerusalemme dagli altri per portare la loro testimonianza e il loro annuncio.

Il Signore Gesù si faccia anche nostro compagno di viaggio nelle nostre stanchezze e debolezze, affinché riconoscendolo nello spezzare il Pane, possiamo che noi uscire di qui e, come diceva Madeleine Delbrel,

come “fiammelle nelle stoppie”,
corriamo per le vie della città,
e fiancheggiamo le onde della folla,
contagiosi di beatitudine,
contagiosi della gioia.

Di |2017-04-29T10:43:50+02:0030/04/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
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