Senza categoria

Home/Senza categoria

Commento alla Parola domenicale

14 agosto

XX domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra… un’immagine particolarmente forte è quella che il Vangelo di oggi ci propone. Gesù, nell’identificare la sua missione e il nostro discepolato, non lascia dubbi, non fa il doppio gioco, non nasconde le cose più difficili… il Maestro non fa pubblicità mostrando solo gli aspetti più appetibile dello stare con lui, mostrando una relazione fatta solo di sentimentalismo, di quieto vivere…

Gesù da subito mette in chiaro che stare dalla sua parte, andare dietro a lui, non è questione di banale e superficiale irenismo… del comodo facciamo finta di niente… no! Gesù è venuto a gettare fuoco. Quante cose fa il fuoco: riscalda e purifica, ma può anche distruggere e consumare è il segno dell’amore ma anche dell’ira e della gelosia, è l’immagine dello Spirito Santo, ma anche delle fiamme degli inferi…

Gesù porta il fuoco, vuole purificare il nostro spirito, la nostra umanità. Ci invita ad essere persone nuove, capaci di scegliere da che parte stare e scegliere, decidere ha a che fare con recidere, tagliare: se scelgo qualcosa non posso scegliere qualcos’altro…

Questa è la divisione che il Signore è venuto a portare… scegliere Lui infatti può voler dire andare contro altre relazioni o affetti, consegnarsi interamente al Signore può costare anche la divisione nei confronti di quanti ci stanno intorno. Il Vangelo purtroppo, quante volte è stato inteso come qualcosa che mette in pace la coscienza, fa stare tranquilli… la religione come oppio dei popoli… invece il Vangelo ha proprio un effetto contrario, perché chi davvero fa suoi i contenuti del Vangelo è qualcuno che va controcorrente, che non si attacca alla ricchezza, al potere, al sopruso sugli altri e questo dà fastidio, quanto dà fastidio a chi la pensa secondo il mondo, a chi a fatto proprio della ricchezza, della fama, dello schiacciare gli altri il senso della propria esistenza…

Questo Vangelo mi ricorda le parole che pochi giorni fa a Cracovia, il Cardinal Bagnasco ha detto a noi giovani italiani: “Voi non siete la forza occasionale di questa settimana, voi siete la forza del mondo. Non siete un fuoco di paglia, ma siete un fuoco che può far ardere ogni città portando Gesù ovunque. Incendiate di fede le vostre comunità. Portate questa gioia a casa.”

Sì, ciascuno di noi è chiamato a portare il fuoco del Vangelo lì dove vive, con coraggio, con coerenza, riconoscendo di non essere soli ma che è un Altro a tenere acceso e alimentato il nostro fuoco, allora la nostra comunità, incendiata dal Vangelo sarà riscaldata dall’amore evangelico e purificata dall’azione dello Spirito Santo.

Di |2016-08-14T13:56:34+02:0014/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

07 agosto

XIX domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. La parola del Signore, quest’oggi ci raggiunge in maniera perentoria, può essere rassicurante per alcuni, mentre per altri, magari questo può far venire i brividi. Sì il nostro cuore insegue il tesoro al quale ci siamo attaccati. Gesù non vuole metterci paura ma vuole farci aprire gli occhi perché la nostra vita possa essere orientata verso il bello e il buono, verso il suo sapore più pieno e autentico, verso l’unico tesoro che davvero vale la pena di conservare e di perseguire, quel tesoro che è nei cieli, lì dove in nessun modo ci può essere sottratto, né dal tempo né dalle altre persone.

Ma perché il cuore si affezioni al tesoro, bisogna perseguirlo, ecco il senso di quello stare pronti con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese. Il Signore infatti ci ha preparato questo tesoro, proprio come un dono che offre all’umanità, ma come ogni dono che si rispetti, ha bisogno della risposta da parte di colui che è chiamato a riceverlo, a farlo suo. In fin dei conti un dono lo puoi accettare o rifiutare. È un dono se sei libero di accoglierlo o meno, altrimenti, se viola la tua libertà non lo riconosci più come dono ma è un’invasione nella tua vita. Bene, il Signore non invade la nostra vita, lui ha confezionato questo dono per noi ma da ciascuno di noi attende la risposta se questo dono ci interessa oppure no. Se siamo servitori svegli ad attendere oppure addormentati per non incrociare il padrone che torna dalle nozze.

Il Signore ci invita ad attenderlo, non è l’attesa che logora, non è l’attesa di qualcuno in ritardo, ma è l’attesa dell’amato, quell’attesa che fa aumentare la voglia, il desiderio dell’incontro stesso. Come per i fidanzati, l’attesa non segna il dubbio se l’altro verrà o meno, ma fa preparare il cuore affinché l’incontro con l’altro sia il più bello degli incontri di sempre, sia una relazione cuore a cuore. Se vale con l’amato o l’amata, tanto più vale nei confronti del Signore, l’arrivo è certo, l’incertezza del quando verrà fa sì che ci sia offerto questo tempo proprio per preparare il nostro cuore, il nostro spirito all’incontro con lui.

Chiediamoci quest’oggi qual è il tesoro che cerco per la mia vita, per la mia esistenza, non c’è bisogno di fare molta fatica per scorgerlo, seguiamo il nostro cuore, lì dove troviamo il nostro cuore troveremo anche il nostro tesoro. Chiediamo al Signore che purifichi i nostri desideri, le nostre attese e ci aiuti ad orientare la nostra vita verso il tesoro autentico che è l’incontro con lui, che è lui stesso perché solo lui ha quella vita eterna che non si corrompe e non si consuma.

Di |2016-08-07T09:33:46+02:0007/08/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

24 luglio

XVII domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Si trovava in un luogo a pregare. Luca non ci dà ulteriori indicazioni se non il fatto che Gesù sente il bisogno di un dialogo profondo con il Padre e si ferma, si mette in preghiera… sì, Lui, il Figlio di Dio, ha bisogno e desiderio di pregare, di stare in intimità con Dio e potremmo dire che questa sua preghiera è “contagiosa”, perché i suoi discepoli che lo vedono sentono il desiderio di imparare da lui come entrare in relazione con Dio. Come sarebbe bello se anche la nostra preghiera fosse contagiosa, fosse così profonda da far sentire anche a quanti abbiamo intorno il desiderio di incontrare Dio riconoscendo che in questo incontro c’è un di più che il mondo non è in grado di offrire, che c’è un desiderio che il mondo non può saziare, una ricerca che le cose puramente materiali non possono appagare.

E Gesù inizia anzitutto chiamando Dio per nome… Padre. Non ti poni in dialogo con un giudice o con qualcuno che non ti può comprendere, ma riconosci con la preghiera che Dio è Padre e, in quanto tale si prende cura di te, ti sta vicino, ti comprende e ti sostiene.

Una preghiera che parte dalla lode del riconoscere la grandezza di questo Padre con quelle invocazioni iniziali dal sapore universale, di apertura al mondo intero, riconoscendo che pur entrando in un rapporto personale con Dio, nessuno ha il “diritto di esclusiva”… per giungere poi alle richieste più personali comunque espresse al plurale, riconoscendo che anche quando prego da solo, sono sempre inserito nella Chiesa, nella comunità dei credenti e la mia preghiera non è mai solo mia ma porta al Padre le richieste e le invocazioni di tutto il suo popolo.

Gesù ci invita a chiedere, nel Padre nostro non mancano le richieste e la parabola successiva dell’amico che bussa di notte ci sottolinea ulteriormente la disponibilità di Dio ad ascoltare le  nostre richieste, opportune ed inopportune… forse non tanto per darci le cose materiali, ma nella sua infinita bontà il Padre ci donerà lo Spirito Santo: il dono più alto che il Signore ci possa offrire.

Gesù non ci promette che il Padre soddisferà i nostri capricci, tutti i “voglio, voglio, voglio”… che possiamo pronunciare, ma proprio come un Padre che vuole bene al proprio figlio, Dio ci darà ciò di cui veramente abbiamo bisogno, ciò che sazierà la nostra anima. La preghiera ci aiuta a riconoscere il nostro bisogno di Dio, della sua vicinanza e del suo amore, inoltre la preghiera si fa anche intercessione… è quella più gratuita… colui che cerca il pane non lo cerca per sé ma per l’amico arrivato di notte… affidiamo al Padre le persone che abbiamo accanto a noi, consegniamo a lui le loro necessità magari anche sofferenze, dove noi fisicamente non possiamo arrivare, possa giungere lui con la sua grazia.

Sta per cominciare la grande esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, il pellegrinaggio dei giovani di tutto il mondo, insieme con papa Francesco, a Cracovia, la distanza anche fisica sia l’occasione per affidarci reciprocamente al Padre.

Di |2016-07-24T13:35:59+02:0024/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

17 luglio

XVI domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù accoglie l’invito a tavola in casa delle sorelle Marta e Maria. Gesù si fa’ ospite, accetta di entrare in quella casa, di sedersi a quella mensa. Ma con Gesù le cose non sono mai come uno se le aspetterebbe: Lui infatti dall’essere l’ospitato ecco che diventa potremmo dire il centro, il piatto forte di quel pasto…

Maria se n’è accorta, Marta invece è ancora ferma al preparare l’accoglienza del Maestro. Maria si accosta a Gesù e si pone in ascolto, riconosce che è Lui ad avere qualcosa da dare a loro, più che loro a poter offrire qualcosa a lui. Marta invece è tutta distolta per i molti servizi. Sta preparando, non vuol fare brutta figura, desidera che tutto sia pronto, per il meglio… e dimentica la dimensione dell’amicizia, dell’accoglienza offrendo sé stessi e aprendo il cuore all’altro, in questo caso con la A maiuscola… accogliere è anzitutto questo: aprire il proprio cuore perché il cuore dell’altro possa entrare nella mia vita, aprire il cuore perché il Signore possa trovare casa nella mia casa, nella mia vita. Inoltre Marta è ferma a guardare a sé stessa, si sente lasciata sola dalla sorella, non vede che il suo lavoro, il suo impegno, i suoi preparativi e non si accorge che la sorella sta già vivendo l’incontro.

Se proviamo a ripensare alla nostra vita di fede, possiamo vedere in Marta la ricerca di salvezza attraverso le nostre azioni, i nostri meriti, Marta crede di incontrare il Signore perché ha lei qualcosa da dare a lui; invece in Maria riconosciamo il cammino di chi riconosce nella grazia di Dio la via della salvezza, riconosce nel porsi in ascolto della sua Parola la possibilità di accogliere la sua grazia che le viene incontro.

Non è tanto questione del fare o non fare, ma la nostra apertura del cuore a fare la differenza. Questo è il senso di quel bonario rimprovero di Gesù: la parte migliore, la portata migliore di quel pasto è proprio lui e la sorella minore l’ha colto. Chiediamo al Signore quest’oggi la grazia di non affannarci per molte cose ma di affidarci a lui, di abbandonarci alla sua Parola, scopriremo che passeremo dall’invitare a tavola il Maestro ad essere noi invitati alla sua mensa, nella quale lui oltre ad essere colui che ci ospita, è anche il nostro cibo e nutrimento, ci convoca, chiede di stare con lui, perché possiamo conoscerlo e incontrarlo e ci nutre con la sua parola, e con il suo corpo e sangue.

La partecipazione a questa Eucarestia nutra la nostra vita di ogni giorno, lì dove le nostre storie ci portano e ci aiuti a diventare capaci di accoglierlo come ospite nelle persone che ci passano accanto.

Di |2016-07-16T13:49:50+02:0017/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

10 luglio

XV domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Quest’oggi siamo di fronte al noto brano cosiddetto del buon samaritano. Probabilmente non ha in sé il sapore della novità, tanto più che in quest’anno è stato utilizzato come icona biblica per il cammino pastorale diocesano e, quindi, spesso vi si è fatto riferimento negli itinerari pastorali.

Certamente è interessante la domanda iniziale del dottore della legge… d’accordo, lui cercava di mettere in difficoltà Gesù, la sua domanda non era limpida e autentica, ma se lasciamo dietro le spalle questo intento negativo e prendiamo la domanda per il valore che porta con sé, ci accorgiamo che in realtà si tratta di una domanda altissima pur nascondendo dentro di sé il rischio di un trabocchetto.

Anzitutto è altissima perché porta con sé il desiderio della vita eterna… ereditare la vita eterna, essere eternamente con il tuo Signore. Probabilmente ciascuno di noi, in fondo al cuore, anche se magari questa domanda non l’abbiamo mai esplicitata, comunque questa tensione alla vita eterna e la ricerca di una sicurezza di essere nella direzione giusta la portiamo dentro di noi.

Potremmo ridire così la domanda… Maestro, qual è la strada che mi conduce all’incontro col Padre?

Eppure questa domanda mi pare nascondere almeno un paio di trabocchetti per i quali bisogna prestare attenzione…

Anzitutto il fatto che esista una ricetta, o meglio se parliamo di strada, che esista una mappa, un percorso tracciato, come se ci fosse la possibilità di un navigatore spirituale, nel quale imposti la destinazione vita eterna e poi ci pensa lui a condurti magari potendo impostare anche la via più veloce, o la più facile e comoda…

Il navigatore non esiste, risposte pronte non ce ne sono, ci sono dei cartelli indicatori, ma la strada la costruisci tu ogni giorno della tua vita, in ogni piccola scelta quotidiana, via via fai un passo nella direzione della vita eterna oppure fai dei passi indietro o imbocchi delle strade più tortuose.

Il secondo trabocchetto che nasconde questa domanda e che è in qualche modo collegato al primo, il fatto che possa essere io a meritarmi la vita eterna… cosa devo fare per ereditare… eppure la vita eterna è dono di grazia, è la cosa più gratuita che ci possa venire offerta. Allora forse non è tanto questione di cose da fare, ma di disponibilità di cuore. Non basta porre un gesto, se in quel gesto non c’è amore e cura. La legge, nel suo doppio comandamento riassuntivo di tutti gli altri, identifica non in un comportamento ma in un moto del cuore ciò che è importante, quindi per assurdo io potrei anche pregare, ma se non pongo amore verso il Signore rimangono parole al vento, io posso anche fare dei gesti di carità, dare delle cose, dare del denaro, ma se non amo il mio fratello come me stesso… non sono sulla strada giusta.

Riconosciamoci amati dal Signore, è lui il buon samaritano che passa sulle strade della nostra vita e ci raccoglie, cura le nostre ferite e ci chiede a nostra volta di amarlo e di farci prossimo ai nostri fratelli feriti nel corpo e nello spirito… allora sì il nostro cuore sarà rivolto verso la vita eterna con il Padre.

Di |2016-07-10T10:10:32+02:0010/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

03 luglio

XIV domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Dopo aver indicato le condizioni per seguire il Maestro, come abbiamo ascoltato settimana scorsa, ecco l’invio di un gruppo ben più numeroso di discepoli davanti a sé. L’incarico è chiaro, andare ad annunciare il suo arrivo, preparargli il terreno, in quale modo? Pregando anzitutto, sì la preghiera è sempre il primo atteggiamento che deve caratterizzare il discepolo, perché è con la preghiera che possiamo pian piano riconoscere la grazia che costantemente ci viene offerta tra le mani. L’immagine che utilizza Gesù non è di certo delle più affascinanti… vi mando come agnelli in mezzo ai lupi… non è che normalmente degli agnelli in mezzo ad un branco di lupi facciano proprio una bella fine… eppure il discepolo, da duemila anni a questa parte vive proprio questa condizione rispetto a quanto e quanti lo circondano. Ma questo non deve farci paura, non deve nemmeno farci illudere che la condizione migliore sia quella del lupo, per il solo fatto di essere più forte e prepotente… queste due indicazioni mi pare, quindi, che possano essere lette insieme: il discepolo, come agnello in mezzo ai lupi, non è inviato in ragione della sua forza o capacità di persuasione del lupo, ma proprio nella debolezza di chi si sa affidare al Signore nella preghiera.

Gesù poi sottolinea l’urgenza dell’annuncio, quasi la fretta, per cui non devi appesantirti affidandoti alle cose di questo mondo che funzionano un po’ da zavorra… riprendendo l’immagine di settimana scorsa dello zaino… questo mi è di aiuto ad andare in montagna finché mi serve per metterci l’essenziale, ma se esagero, se ci metto della zavorra… allora non mi aiuta più, anzi diventa di ostacolo a salire rapidamente in montagna. Ed il messaggio è così urgente da non poter “perdere tempo” nemmeno per salutare quelli che si incontrano per la strada… non prendiamolo alla lettera secondo la nostra cultura odierna perché non è questo che vuol dire il Signore, non ci chiede di essere musoni e maleducati, ma ci invita a portare un annuncio ben più alto con la nostra vita, con le nostre relazioni, un annuncio che non si ferma a raso terra, ma che spicca il volo e porta ad incontrare l’Altro con la A maiuscola.

E quanto è soave l’annuncio da portare nella casa che si apre all’accoglienza degli inviati: la pace e la vicinanza del Regno. È lo stesso annuncio che ancora oggi giunge a ciascuno di noi, lì dove siamo sia fisicamente che spiritualmente, il Signore ci raggiunge quest’oggi per annunciare la pace per la nostra casa, per la nostra vita e per dirci che il Regno di Dio, che Lui è accanto a noi: che la pace è con noi perché non siamo soli, ma se lo vogliamo accogliere Lui è il vero ospite della nostra vita che le dona la pienezza.

Di |2016-07-03T13:56:35+02:0003/07/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

26 giugno

XIII domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Il brano di Vangelo che la liturgia ci ha proposto quest’oggi ci pone dietro a Gesù che si sta mettendo in cammino verso Gerusalemme, verso il dono totale della sua vita per noi. Proprio in questo contesto ci vengono delineate alcune caratteristiche proprie del discepolo, del cristiano, di chi vuole seguire il Maestro.

Anzitutto Gesù non prende per il collo nessuno. Gesù non obbliga a seguirlo, ad accoglierlo, a riconoscerlo come il Figlio di Dio. I due discepoli Giacomo e Giovanni, in questo, molto zelanti, avevano frainteso il loro incarico di messaggeri, al punto di prospettare la distruzione di quel villaggio che rifiutava l’incontro col Maestro. Ma Gesù accoglie il rifiuto, così come accoglierà quello ben più grave e risolutivo che lo attende a Gerusalemme. Gesù, quindi, anzitutto non obbliga ma invita lasciandoci liberi.

Inoltre il discepolo che riconosce la possibilità di mettersi alla sequela di Gesù è chiamato a lasciare e qui Gesù ci pone di fronte ad un’escalation… lasciare il nido… non tanto o non solo la casa, il luogo dove poggi il capo la sera per riposare… ma sono le sicurezze sulle quali fondiamo la nostra esistenza, tutte quelle certezze, tutte quelle cose che ci rassicurano che ci fanno stare tranquilli, che in un certo senso sono proprio come un nido o una tana per gli animali: il rifugio protetto e rassicurante… in quante cose cerchiamo rifugio ogni giorno… Gesù invece ci dice che il vero rifugio è lui, che dobbiamo abbandonarci con fiducia perché lui sarà il riparo sicuro…

Non solo, Gesù calca la mano, quando sembra impedire il funerale del padre a quello che ha chiamato a seguirlo. Gesù non è un cinico insensibile che non permette di vivere il dolore del lutto, tutt’altro, questo invito è il segno che vivere la gioia dell’annuncio della scoperta del regno di Dio viene prima di ogni altra cosa… va’ e annuncia…

Allo stesso modo il congedarsi, il salutare quelli di casa… non è la sfacciataggine di fuggire di casa senza salutare, la maleducazione… ma ancora è il segno della necessità di tradurre nella vita l’esperienza di grazia che si sta vivendo, allora non guardarti indietro, guarda avanti nella tua vita, se ti guardi indietro rischi la nostalgia, rischi di vivere in un passato che non ritorna… tieni con te il passato, con riconoscenza per quanto ti ha insegnato, per quanto hai vissuto, ma non puoi rimanere voltato indietro altrimenti perderai la direzione di quell’aratro, nella nostra vita quanto è importante imparare sì da ciò che abbiamo fatto e vissuto ma anche sapercene distaccare con molta libertà, senza gli illusori sospiri di quanto erano belli i tempi passati…

Il Signore ci offre la libertà, libertà da noi stessi, dal riconoscimento degli altri, libertà dalle illusioni del passato… chiediamogli di saper accogliere questo invito per liberarci dalle catene che spesso ci bloccano e non ci permettono di seguirlo con gioia e fiducia.

Di |2016-06-25T15:43:56+02:0026/06/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

19 giugno

XII domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Siamo all’inizio dell’estate ed eccoci davanti a Gesù che si trova in un luogo solitario a pregare. È un’immagine molto bella e significativa: lui, il Figlio di Dio, sente il bisogno di fermarsi, di uscire dal frastuono della vita di ogni giorno, perfino di smettere di predicare, annunciare, fare miracoli per un po’… per mettersi in sintonia con il Padre. Un tempo e un luogo indefiniti per sottolineare che ogni momento e ogni luogo possono aiutarci a tornare al Padre, a volgere ancora verso di lui la nostra preghiera. Rallentiamo pure tutte le nostre attività che ci soffocano, ci riempiono la giornata e proviamo a consegnarci a Lui nella preghiera, porre nelle sue mani, con fiducia quanto stiamo facendo, ci accorgeremo che la nostra vita assume un sapore diverso e gli impegni saranno meno schiaccianti.

Ma dopo la preghiera Gesù pone quella doppia domanda ai suoi discepoli: le folle… ma voi… chi dite che io sia? Non è il sondaggio di opinione, ma Gesù vuole portare i suoi discepoli a comprendere meglio ciò che sta facendo, li vuole aiutare a riconoscerlo sì come il Cristo, ma non un cristo condottiero, liberatore dall’oppressione politica dell’impero romano, un cristo, un messia che non è aggrappato alla propria vita ed esistenza, ma che, al contrario, potremmo dire è aggrappato alla croce. Il Figlio di Dio non lo puoi comprendere né riconoscere se non a partire da quella croce che gli verrà posta sulle spalle ma che non vuole portare da solo, ma al contrario chiede ad ogni discepolo e, quindi anche a ciascuno di noi di prendere ogni giorno per andare dietro a lui.

Il nostro cammino da discepoli del Signore, non avviene se non portando la croce ogni giorno. Il che non vuol dire che Gesù ha il gusto per la sofferenza, non è un masochista che si diverte a soffrire e a far soffrire; la croce fa parte della nostra vita, così come ha segnato la vita di Gesù. Si può accogliere o subire, si può accettare o cercare di scappare di far finta di non vedere o sentire… ma questo non è essere discepoli. Perché il discepolo è chi ha imparato dal Maestro a donare la propria vita per gli altri, proprio come Gesù ha fatto dall’alto della croce.

Donare sé stessi non vuol dire solo arrivare ai grandi gesti di martirio per la fede o per salvare altri, sono anche quelle piccole opere di attenzione agli altri, di servizio gratuito verso la propria famiglia o la comunità… tutte le volte nelle quali metto a disposizione la mia vita, con tutti i pregi, i doni e i difetti che porto con me, in quel momento sto perdendo la mia vita perché non la trattengo come qualcosa di mio ma la metto a disposizione degli altri.

Il Signore ci aiuti a consegnare la nostra vita a lui nella preghiera e ai nostri fratelli nel servizio.

Di |2016-06-19T09:05:23+02:0019/06/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

12 giugno

XI domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

Che strano invito a tavola, quello che ha ricevuto Gesù… Simone, un fariseo lo accoglie in casa. Diversi aspetti possono sembrarci strani: anzitutto un fariseo che invita quel maestro tanto discusso… cosa avrà cercato in Gesù… inoltre l’invito sì c’è stato ed è stato accolto, ma dal racconto che fa Gesù stesso Simone non è stato troppo ospitale, anzi, si può dire che è stato piuttosto freddo nel ricevere in casa il Maestro di Nazareth, infatti non ha fatto nessuno dei gesti di ospitalità previsti dalla cultura e tradizione degli ebrei. Chissà, magari Simone non si aspettava una risposta positiva al suo invito a tavola, sapendo che Gesù normalmente sta con i peccatori.

Ma Gesù dà una possibilità a tutti, la sua opera di salvezza è per ogni uomo che gli apre la porta (secondo l’immagine dell’apocalisse: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.”). Gesù non è uno che chiude, ma uno che apre nuove possibilità, il Signore dona a tutti la possibilità di stare con Lui, di amarlo, di convertirsi di tutto cuore per entrare in relazione con Lui.

Non dobbiamo lasciarci sfuggire l’occasione.

E di certo quella donna peccatrice non se l’è lasciata sfuggire. Si è intrufolata a quel banchetto e ha fatto quanto Simone aveva tralasciato, ma non come un rito puramente esteriore di accoglienza, di rispetto e di buoni costumi, bensì con una dose di umiltà e di amore enormi.

Una donna che ha nel cuore la voglia di amare ma non aveva trovato la via giusta, trova il quel gesto il modo di far traboccare dal suo cuore tutto l’amore che rimaneva represso, schiacciato dentro il suo cuore.

Ed ecco che Gesù, nuovamente, non chiude ma apre, sì apre a quella donna la porta del perdono e della misericordia. Quella porta che Simone si è visto aprire ma ha deciso di non varcare. Quanto amore traspare nel brano odierno. Dobbiamo stare attenti però a non cercare – da bravi uomini di scienza quali siamo noi moderni – un rapporto di causa effetto: domande del tipo è stato l’amore della donna a causare il perdono o il perdono a riabilitare l’amore…

L’Amore con la A maiuscola di Dio si è incontrato con l’amore ferito e schiacciato di quella donna e ne è sgorgato il perdono. La donna si è vista accolta, ha colto che la porta dell’incontro col Maestro era aperta e ha fatto il passo di entrare. Ne è nata una vita nuova, un cuore capace di amare veramente, di offrirsi non come oggetto ma come dono.

Simone è rimasto sulla soglia a guardare, ritenendo di non aver bisogno di quell’incontro di salvezza, di bastare a se stesso con le sue pratiche con i suoi crediti da vantare verso Dio stesso. Ma come abbiamo ascoltato da S. Paolo non sono le opere che facciamo a salvarci ma il nostro abbandonarci nelle braccia di Dio affidandoci alla sua misericordia che ci ha salvati attraverso la croce di Cristo.

Il Signore liberi il nostro cuore dall’ansia di prestazioni “religiose” per aprirci ad un incontro autentico con la sua grazia, la quale ci aprirà la via per una vita di autentica donazione.

Di |2016-06-12T09:36:58+02:0012/06/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

05 giugno

X domenica del Tempo Ordinario

Leggi le letture di questa domenica

All’ingresso della città di Nain possiamo assistere a questo doppio corteo di folla: il primo quello di coloro che seguono Gesù, il Maestro e poi l’altro, quello funebre di tutti coloro che si stringevano attorno al dolore di quella madre, vedova, che si è vista strappare l’unico figlio dalla morte.

Quanto sono diversi questi due bagni di folla. Uno entra in città, l’altro esce verso il luogo della sepoltura. Uno fa festa, l’altro è pieno di mestizia e dolore per quel ragazzo morto troppo presto. Uno il corteo dell’autore della vita, l’altro il corteo della morte.

Luca sembra proprio volercele evidenziare queste due folle che si incontrano, si trovano faccia a faccia. E in questo incontro ecco emergere il cuore, l’affetto e la compassione di Gesù. Abbiamo appena celebrato l’altro ieri la solennità del Sacro cuore di Gesù, forse è passata un po’ in sordina non essendo giornata di festa civile e, quindi, di feria dal lavoro… e oggi eccoci di fronte a questo cuore traboccante di compassione per quella madre rimasta sola. È davvero bello scorgere che anche Gesù è carico di sentimenti e di sentimenti buoni per l’umanità, per ciascuno di noi. Quante volte diciamo Dio ci vuole bene, Gesù ci ha amati fino a morire per noi… ma riusciamo a soffermarci a dire Gesù, Dio mi vuole bene, il Signore mi ama, il Signore si prende cura di me, vedendo come nella mia storia la sua è una presenza di amore, di cura e di compassione?

Quanta tenerezza in questo avvicinarsi del Signore, anzitutto parla a quella madre: non piangere, si accosta a lei, al suo dolore, vi entra proprio dentro in quel dolore, non ci passa sopra ma lo fa suo, lo prende con sé, infatti poi si dirige verso il ragazzo, tocca la bara e parla a quel corpo esanime. La vita vince sulla morte, il signore della vita riporta all’esistenza quel ragazzo e lo restituisce alla madre.

Il Signore con la sua parola ci raggiunge ovunque siamo, anche quando ci sembra di essere talmente lontani da lui da essere come morti, lui c’è si fa accanto al nostro dolore, alle nostre fatiche, al nostro peccato e ci fa risollevare, ci ridona una possibilità.

E i due cortei possiamo dire che diventano uno solo perché la morte è stata vinta. Ora tutti glorificano Dio. Ecco la forza della fede: Dio ha visitato il suo popolo… è la forza della parola profetica, non un guaritore che richiama verso di sé i plausi per il bene, per il prodigio fatto, ma il segno stesso della vicinanza di Dio.

Il Signore ci aiuti a riconoscere nella nostra vita i segni della sua presenza di amore e di cura, rafforzi la nostra fede per avvertire che ancora oggi Dio visita il suo popolo che siamo noi.

Di |2016-06-05T19:43:14+02:0005/06/2016|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
Torna in cima