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Commento alla Parola domenicale

26 marzo

IV domenica di Quaresima

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Siamo ciechi anche noi?

Certamente non si tratta di cecità fisica, quella che ci viene presentata quest’oggi, quell’uomo veramente cieco dalla nascita, incapace di cogliere e di fare sua la luce che lo avvolge è immagine di quanti non erano e non sono ancora oggi in grado di cogliere la luce che il Signore Gesù è venuto ad offrire ai cuori dell’umanità.

Un cuore indurito, incapace di cogliere la presenza del Signore nella sua vita possiamo definirlo un cuore cieco, chiuso alla possibilità di lasciar passare la luce, di lasciarsi illuminare.

Quell’uomo nato cieco è stato ritenuto simbolo di peccato da parte della sua gente… chi ha peccato, lui o i suoi genitori… quasi che la malattia fosse un castigo divino, una punizione fisica per qualche mancanza nascosta. Quante volte magari anche noi ragioniamo nei confronti di Dio come se fosse un giudice spietato e vendicativo, come se ciò che ci accade fosse un premio o una punizione… quindi in fin dei conti come se tutto dipendesse solo da noi…

Gesù cambia completamente la prospettiva entro la quale considerare questo e dice che quella cecità è proprio per manifestare, per far venire alla luce… il dono della vista permetterà di andare oltre l’aspetto fisico e di scorgere in Gesù la vera luce del mondo, colui che viene ad offrire una luce più grande di quella fisica, la luce capace di orientare il cammino di tutta la nostra vita: la luce della fede.

È proprio la fede, infatti, che ci permette, come a quell’uomo di scorgere la presenza di Gesù negli avvenimenti della nostra esistenza, di riconoscerlo accanto a noi, nelle persone che incontriamo, nei fatti di ogni giorno.

Se settimana scorsa abbiamo parlato di incontro, questa settimana possiamo dire che con gli occhi della fede ci viene aperta la possibilità di fare concretamente l’esperienza dell’incontro con Gesù, sia nell’esperienza della preghiera in senso stretto, sia in quella preghiera prolungata che sono tutte le azioni, i sentimenti, le relazioni, le scelte o le cose che ci capitano e ci coinvolgono ogni giorno.

La fede, quegli occhi che il Signore ci ha aperto, ci permettono di riconoscerlo nel pane che spezzeremo fra poco su questa mensa, gli occhi del corpo in questo non bastano si fermano agli elementi naturali utilizzati, sono invece gli occhi della fede a permetterci di riconoscere in quel frammento di pane il Signore che si offre per la nostra salvezza. Sia questa luce a illuminare il nostro cammino di conversione, il nostro cammino per riconoscerlo come il nostro Salvatore, la manifestazione del volto amoroso del Padre.

Di |2017-03-26T09:45:04+02:0026/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

19 marzo

III domenica di Quaresima

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Quest’oggi la nostra diocesi ci invita ad avvicinare il tema della Parola che abbiamo ascoltato, dal punto di vista dell’incontro. Potrebbe sembrare scontato partire dall’incontro che subito balza all’occhio, quello fisico tra Gesù e la donna, eppure vorrei provare ad evidenziare altri incontri che il brano ci lascia intravedere.

Anzitutto l’incontro della donna con quei 5 mariti più uno, un genere di incontro che, forse, non ha molto in termini di profondità, di sincerità, di donazione di sé (non è una questione morale ma relazionale).

Possiamo poi scorgere l’incontro tra Gesù e i discepoli, in questo caso possiamo dire che i discepoli incarnano un po’ tutte quelle relazioni nelle quali non ci mettiamo in gioco, ma diamo per scontato ciò che avverrà, ciò che l’altro avrà da dirmi… relazioni nelle quali non ci lasciamo più stupire dall’altro accogliendolo per quello che è, per quello che ci sta offrendo di sé, ma ci fermiamo alle nostre false sicurezze nei suoi confronti…

Abbiamo poi l’incontro fisico tra Gesù e la Samaritana: una donna che cerca di sfuggire dagli incontri con le altre persone ed infatti va al pozzo nell’ora più calda della giornata proprio con la speranza nel cuore di non incontrare nessuno, l’incontro col Signore la fa sentire cercata, conosciuta fino in fondo. L’incontro con Gesù fa andare ciascuno di noi al profondo di noi stessi, scorgendo proprio lì la possibilità di un nuovo modo di vivere l’incontro: anzitutto nei confronti di Dio, non più una questione legale del dove lo si deve adorare, bensì una dimensione di cuore, perché è proprio lì che sei chiamato ad incontrare il Signore della tua vita. E questo cambiamento nel modo di incontrare sé stessa e il Signore porta la donna a cambiare anche il modo di incontrare le persone che le stanno accanto, quei suoi compaesani dai quali cercava di stare alla larga all’inizio del brano per paura di essere giudicata, additata, di divenire oggetto di sguardi indiscreti o di voci maligne. Infatti quell’incontro così sincero e profondo con Gesù, colui che le può dare l’acqua viva, la porta ad incontrare gli altri da testimone, senza vergogne o paure, invitandoli ad andare a vedere colui che le ha detto tutto di lei, colui che la conosceva perfino meglio di lei stessa, ora si pone davanti ai compaesani invitandoli a questo incontro straordinario…

Un incontro che cambierà la vita anche di quanti, ascoltando la donna, accoglieranno l’invito di andare al pozzo ad incontrare quell’uomo e lì saranno testimoni diretti di quella parola così profonda e verace sulle loro vite.

Il Signore ci aiuti ad incontrarlo con trasparenza, lasciandoci provocare da Lui rispetto alla verità di noi stessi, allora cambierà il nostro modo di relazionarci con Lui, con noi, e con quanti condividono con noi il tratto di strada che stiamo compiendo su questa terra.

Di |2017-03-19T08:26:44+01:0019/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

Commento alla Parola domenicale

12 marzo

II domenica di Quaresima

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Anche noi come i tre discepoli siamo stati invitati dal Signore a salire con lui su quell’alto monte, siamo qui, questo è il monte sul quale ogni domenica siamo chiamati, come Pietro, Giacomo e Giovanni a fare l’esperienza della trasfigurazione di Gesù. Sì perché su questo altare, siamo chiamati a partecipare al mistero della sua morte e risurrezione, del suo offrirsi per la nostra salvezza e della gloria del Figlio di Dio.

I tre accompagnatori all’inizio vivono l’esperienza un po’ da spettatori, dall’esterno di quanto stanno vedendo, come se fossero lì per caso… chiamati a godere solamente da fuori a quello spettacolo di un Gesù splendente e della presenza di Mosè e di Elia. Al punto da voler prolungare il più possibile quel bel momento, un po’ come quando riusciamo a ritagliarci un momento di pace, di intimità con noi stessi e con il Signore, magari nell’ascolto della sua Parola, vorremmo che non finisse mai, eppure il senso dell’ascolto non è quello del farsi coccolare dalla Parola di Dio, bensì di lasciarsi nutrire da quella Parola affinché la nostra esistenza di ogni giorno possa essere caratterizzata sempre più da un impegno alla conversione.

Infatti la voce del Padre che si fa udire dalla nube invita proprio a portare nel quotidiano della vita quanto sperimentato sul monte e riconoscere in quel Gesù che cammina da Maestro accanto a loro, colui che porta ed incarna la Parola stessa del Padre.

Gesù non lascia soli, infatti si avvicina ai suoi discepoli, li tocca e li invita ad alzarsi senza paura, intraprendendo con coraggio i passi del cammino che si apre dinnanzi a loro. Un cammino che porterà alla Passione e morte del Signore, ma anche alla sua risurrezione.

Il coraggio, invito che la nostra Diocesi ricava proprio da questo brano di Vangelo, non vuole essere la ricerca di una nostra forza interiore personale, quanto piuttosto il frutto dell’esperienza di quella vicinanza di Gesù, il riconoscere di essere stati toccati da lui scoprendo un passo dopo l’altro che lui cammina al nostro fianco, sostenendo i nostri passi quando sono troppo fiacchi o vacillanti, indicandoci il cammino quando non ci è chiara la direzione. Il Maestro non ci lascia soli, la sua presenza duplice come Parola e come Eucarestia sostiene il nostro cammino da discepoli.

Chiediamo a Dio in questa settimana di aver voglia di fare la fatica della salita con lui sul monte per fare l’esperienza straordinaria nella preghiera del suo volto trasfigurato, ma anche il coraggio di portare, poi, nella vita di ogni giorno, nelle nostre attività e relazioni il frutto concreto di questo incontro che ha cambiato il nostro cuore.

Di |2017-03-11T21:37:07+01:0011/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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05 marzo

I domenica di Quaresima

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Potremmo dire che in questi giorni lo Spirito ha cercato di portare anche ciascuno di noi nel deserto, ci ha aperto la strada mercoledì con il rito dell’imposizione delle ceneri che ha aperto il nostro itinerario di quaresima, il nostro cammino verso la croce e la vittoria della vita sulla morte, verso, quindi, la domenica di Pasqua.

Il deserto è il luogo del silenzio e della solitudine, il luogo dove sperimenti l’assenza delle cose intorno a te, o almeno così avveniva ai tempi di Gesù… oggi probabilmente non mancano i confort nemmeno lì… quando non hai tante cose, non hai tanti rumori nella testa e nelle orecchie, quando le cose del mondo e le relazioni tacciono perché le puoi porre un po’ più a distanza, ecco che diventa possibile volgere lo sguardo dentro sé stessi. Non uno sguardo dal sapore egoistico del “finalmente esisto solo io…” ma lo sguardo di chi con molta trasparenza coglie l’opportunità di guardarsi nel profondo delle pieghe della propria esistenza per cogliere come, proprio lì, il Signore ha qualcosa da dire alla sua esistenza.

Gesù ci dà l’esempio, si lascia guidare dallo Spirito nel deserto dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, proprio per comprendere in profondità il senso del suo essersi fatto uomo e, potremmo dire, anche la forma della sua presenza in mezzo a noi.

Ma nel deserto Gesù non si ritrova propriamente solo con lo Spirito ma, come per Adamo ed Eva, ecco insinuarsi accanto a lui la presenza del diavolo, di colui che cerca di separare, di dividere… e questo è proprio l’intento delle 3 tentazioni che abbiamo appena ascoltato.

Ma Gesù non si lascia intimorire. Anzitutto è bellissimo il fatto che lo stesso Figlio di Dio sia stato tentato, sarebbe stato troppo facile esserne esentato. Anche lui, come noi, ha dovuto fare i conti con il male, ma in questo confronto Gesù ha saputo giocare le carte giuste ed è risultato il vincitore, mostrandoci la via per non soccombere all’antico tentatore che fin dall’inizio dei tempi cerca di storpiare nel cuore dell’uomo il senso e il significato di quella Parola d’Amore che il Padre da sempre ha rivolto all’umanità. Non è una parola per ottenere fama con gesti eclatanti, a suon di miracoli, nemmeno la parola di un Dio dispotico ed interventista pronto ad assecondare ogni capriccio di suo Figlio… e tanto meno una parola che cerca potere e forza… ma è la parola premurosa e carica di cura di un Dio che ha creato e redento l’umanità per puro amore.

Il Signore ci ha mostrato che scegliere di stare dalla parte di Dio e della sua Parola è possibile, anche se non è facile ed immediato. Questo cammino di deserto quaresimale ci aiuti a confrontarci sinceramente e profondamente con la Parola di Dio per essere capaci di scelte coraggiose e coerenti di figli riconoscenti per quell’amore ricevuto dal Padre.

Di |2017-03-02T21:18:41+01:0005/03/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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26 febbraio

VIII domenica del Tempo ordinario

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Non preoccupatevi… è un invito forte del Signore, quello che ci raggiunge oggi. Gesù non ci chiede di passare la vita in ozio o in attesa che gli avvenimenti ci precedano e si risolvano da soli, ma ci chiede di non preoccuparci. L’occupazione nelle cose di ogni giorno serve, è importante, per riprendere la saggezza degli antichi è ciò che nobilita l’uomo. Mentre l’ozio è padre dei vizi. Occuparsi di chi e di ciò che ci circonda è proprio della natura umana, è ciò che il Creatore stesso ha fatto quando ha consegnato il giardino ad Adamo ed Eva perché lo coltivassero, ma anche dopo la cacciata Dio ha chiesto all’uomo di coltivare la terra col sudore della sua fronte; ma lo stesso Gesù si occupa delle cose del Padre suo, così risponde a Maria e Giuseppe quando lo ritrovano dodicenne nel tempio dopo tre giorni di ricerche.

Se occuparci è cosa buona, pre-occuparsi è l’atteggiamento di chi confida solo in sé stesso, nelle sue forze, nelle sue capacità, in ciò che possiede. È il modo di porsi di fronte alla vita, agli altri, agli avvenimenti partendo da quanto uno ha, ponendo in quello la sede della propria forza.

Chi si affida alla ricchezza come sicurezza per sé e per il proprio futuro, via via relega il Signore solo in un angolino del proprio cuore, non gli lascia lo spazio di agire… potremmo dire che il nostro cuore è troppo piccolo perché ci stiano entrambi: o c’è posto per il Signore oppure c’è posto per la ricchezza. Infatti se io ho la sicurezza di quanto ho, oppure di conoscenze “in alto” o che contano nella società, oppure ho una posizione sicura e intoccabile che mi fa stare con le spalle coperte perché tanto qualunque cosa faccio o dico nessuno mi può far nulla… che bisogno ho di confidare nella presenza e nella cura premurosa e amorevole di Dio? Mi basteranno le cose o le relazioni terrene… peccato che in questo modo il nostro cuore potremmo definirlo un po’ malato di miopia, incapace di vedere al di là dei pochi o tanti anni che la vita ci regalerà. Se, invece, io ripongo la mia fiducia in Dio, riconoscendo anzitutto che il suo dono mi precede sempre, al punto che io stesso sono un dono, non mi sono creato da solo, lui mi ha donato la vita, questo corpo, questa storia… non credo che nessuno di noi si accontenti di sentirsi un incrocio casuale seppur ordinato di cellule… Allora mi occuperò delle cose che mi circondano e della mia stessa vita, non con l’ansia di chi ha qualcosa da difendere, ma con la riconoscenza di chi incontra proprio anche attraverso questi doni straordinari che si rinnovano ogni giorno il proprio Creatore e lo riconosce come Padre premuroso che sa di cosa abbiamo bisogno perché ci conosce persino meglio di noi stessi.

Di |2017-02-26T09:36:55+01:0026/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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19 febbraio

VII domenica del Tempo ordinario

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Se amate quelli che vi amano… e se date il saluto soltanto ai vostri fratelli… Gesù oggi parla in maniera piuttosto dura e decisa. Ci sprona a non essere tiepidi, a non essere qualunquisti… non basta voler bene a quelle persone verso le quali è scontato che si rivolga il nostro amore e la nostra attenzione… quello lo sanno e lo devono fare tutti, è questione semplicemente di rispetto umano e non c’è bisogno di scomodare il Vangelo per questo: è una legge scritta nel cuore dell’uomo anche se magari una spolveratina una volta ogni tanto per ricordarci l’importanza dell’amore per la nostra vita e l’importanza anche del saluto come segno di accoglienza e di dignità reciproca… magari non ci farebbe male…

Ma Gesù supera questo. Nell’Antico Testamento era scritta la regola secondo la quale ad uno sgarbo si poteva rispondere con uno di uguale portata… da cui la definizione della regola “occhio per occhio e dente per dente”. Che ha anche una sua logica di fondo nel cercare di contenere il vortice del male che a volte si genera nel cuore dell’uomo che sa essere anche molto malvagio, soprattutto verso i suoi simili e i più deboli. Allora ad uno sgarbo non puoi vendicarti facendo il doppio… se uno ti ha rigato la macchina tu non puoi fargliela esplodere perché ti ha fatto arrabbiare e ti vuoi vendicare… per la legge di Mosè tu al massimo sei legittimato a fare altrettanto. Questa non è l’autorizzazione a fare il male, ma una rudimentale forma di giustizia secondo la quale la tua punizione è pari a quanto hai compiuto. Gesù ci chiede, come suoi discepoli, di andare oltre, di non rispondere al male con altrettanto male ma di continuare ad amare quella persona anche se ci ha fatto soffrire e di pregare per lei. Quanto è difficile questo… se qualcuno ti ha fatto stare male quanta fatica facciamo umanamente a dargli un’altra possibilità… se qualcuno ci ha ferito nel profondo il nostro cuore in un certo senso lo espelle, lo butta fuori perché non continui a farci del male… ma questa è la radice del risentimento… se io continuo a tenere dentro di me quella sofferenza, se non riesco a rimuovere quello sgarbo, quella parola offensiva, quel gesto negativo che mi è stato rivolto… pian piano il male troverà casa nel mio cuore… nella forma del risentimento che altro non è che una chiusura in sé stessi.

Il Signore ci aiuti a consegnare a lui le persone che nella vita ci fanno stare male, quelle che ci provocano sofferenza in maniera consapevole oppure no. Lui le sa amare comunque, la sua misericordia si rivolge su di loro, così come la sperimentiamo rivolta su noi stessi. Chiediamo il suo aiuto perché il nostro cuore si liberi da tutti i risentimenti e da tutti i sentimenti negativi per diventare sempre più capace di amore, proprio come il suo, allora sì sapremo amare gli altri come noi stessi.

Di |2017-02-19T09:26:04+01:0019/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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12 febbraio

VI domenica del Tempo ordinario

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Potremmo dire che con il Vangelo di oggi il Signore ci pone davanti ad un bivio, a due modi diversi di vedere, di leggere e interpretare sia Dio, sia suo Figlio, sia il nostro essere suo popolo.

Il popolo dell’alleanza, l’antico popolo di Israele poneva nel rispetto minuzioso della legge il suo guadagnarsi la salvezza, assicurandosi la protezione di Dio stesso.

Gesù ci dice la necessità di andare al di là, di fare un salto di qualità, di passare dall’essere dei rispettosi esecutori di norme date, all’essere discepoli capaci di comprendere a fondo il senso di quelle stesse norme e addirittura superarle. Sembra una contraddizione, eppure, in fin dei conti è proprio così… Gesù infatti non cancella nulla dell’antica Alleanza di Dio con Israele, ma la porta fino in fondo, fino al suo pieno compimento e pieno compimento della legge è l’amore. Proprio questo amore che Dio ha nei confronti dell’umanità diventa il discrimine per comprendere tutta la legge e diventa in un certo senso quel di più che Gesù chiede a quanti credono in lui, quindi anche a noi.

Il Signore in effetti non ci chiede il rispetto di norme come quelle di ordine pubblico… non sta a vedere nemmeno i cavilli e il modo per dirci di averle rispettate lo stesso perché non abbiamo infranto il dettato esplicito… ad esempio il non uccidere… se lo prendiamo alla lettera forse potremmo quasi toglierlo dai comuni esami di coscienza… ma Gesù ci dice proprio che la dimensione dell’amore che chiede ai suoi discepoli fa sì che l’uccidere si estenda anche a tutti quei comportamenti che in qualche modo squalificano l’altro ai miei occhi o agli occhi di chi c’è intorno a me.

In questo senso Gesù non ci fa sconti rispetto alla legge antica ma ci chiede di rileggerla alla luce della sua Croce e dell’Eucarestia che ogni domenica celebriamo. Lui ha offerto tutto sé stesso per la nostra salvezza. Lui è il compimento autentico di tutta la legge perché si è posto come segno per tutte le genti di un Dio disposto al tutto per tutto per la salvezza dell’umanità. Sì, Gesù è il compimento ed è venuto a dare compimento a quella legge, ad imprimercela nei cuori, a far sì che i nostri cuori battano sempre di più di quell’amore di cui da soli non siamo capaci, ma che chiediamo di attingere da lui per incontrare sempre più fraternamente chi ci passa accanto.

In questa settimana possiamo sentirci e vivere autenticamente da discepoli del Risorto, capaci a nostra volta di mettere nelle nostre azioni il fuoco di quell’amore che Gesù è venuto a portare sulla terra, allora ciò che facciamo avrà il calore della vicinanza di Dio, allora non avremo più bisogno di cavilli ma ci apriremo all’azione della sua grazia.

Di |2017-02-11T10:44:19+01:0012/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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05 febbraio

V domenica del Tempo ordinario

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Siamo il sale e la luce. Sì, lo siamo in quanto battezzati. Gesù ci dice voi siete e non siate… sembra un gioco di parole, ma dietro c’è la fiducia nella grazia. Se Gesù ci avesse detto siate il sale, siate la luce… sarebbe stato un invito a darsi da fare per diventare tali, sarebbe stato un segno della nostra forza di volontà, del nostro impegno… di quanto siamo bravi.

Invece Gesù utilizza l’indicativo, ci dice che noi lo siamo, non per merito nostro, ma per grazia sua, il battesimo ci rende sale e luce per il mondo. Ci rende capaci di dare sapore e di illuminare l’esistenza… ma per far questo è necessario lasciare che la grazia si possa esprimere, possa venire allo scoperto. Schiacciare l’azione della grazia nella nostra vita, cercare di fare di testa nostra come se il Signore fosse un accessorio più o meno inutile dell’esistenza umana, magari relegato a qualche momento… è un po’ come perdere il sapore. Se il sale perde il sapore non serve più a niente. Se un cristiano perde il sapore, come potrà essere significativo per quanti gli passano accanto?

È bella l’immagine del sale perché mediamente, salvo poche pietanze, è chiamato a scomparire e ad agire dall’interno dei cibi per offrire loro il sapore. Così è per noi cristiani: nella società siamo chiamati a scomparire ma a lasciare il segno con il sapore che possiamo diffondere, non perché portiamo una bandiera, ma offriamo un senso e un significato profondo alle nostre scelte, alla nostra vita.

E il cristiano è la luce del mondo. Qualcosa che, proprio come il sale non serve per sé, ma serve in quanto si rivolge verso altro da sé. Una candela o una lampada non serve per dire quanto è carina la fiammella che produce, non serve per fasi vedere, ma serve nella misura in cui permette di illuminare quanto c’è intorno. Ogni luce che accendiamo ha senso nella misura in cui è orientata a mostrarci la strada, le cose, le persone che sono accanto a noi. Se accendo una luce in una stanza chiusa a chiave e dove non c’è nessuno questa cosa è inutile. La luce ha senso nel momento in cui si offre per il bene di chi le sta intorno.

Anche noi cristiani dobbiamo cercare di essere luce per quanti sono intorno a noi, aiutarli a fare luce sulle vicende della vita, di nuovo una luce che non dipende da noi ma è quella luce di Cristo che ci è stata consegnata il giorno del nostro battesimo.

Chiediamo al Signore di fidarci della gratuità del sale e della luce che non trattengono nulla per sé ma assumono significato proprio in quanto si offrono per chi si avvicina a loro; la gente che si avvicina noi, possa riconoscere in noi la trasparenza del Padre e così renda gloria a Lui.

Di |2017-02-04T14:59:13+01:0005/02/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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29 gennaio

IV domenica del Tempo ordinario

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Il brando di Vangelo che abbiamo appena ascoltato, le beatitudini, per 9 volte utilizza il termine beati, gioiosi, rappacificati. La gioia nel cuore è allora al primo posto della giornata di oggi e la prima felicità è proprio quella che sorge dal riconoscersi amato. Quante manifestazioni concrete di amore abbiamo nella nostra giornata, quante persone ci dimostrano che per loro siamo importanti, che rivolgono la loro attenzione e cura verso di noi, qualunque sia la nostra età… non siamo stati creati per stare da soli e la Bibbia lo dichiara subito nelle sue prime pagine: non è bene che l’uomo sia solo… ma se ci donano gioia le manifestazioni umane di affetto e di amore, ancora più gioia ci può venire dal riconoscere che Dio ci ama e si prende cura di noi.

Delle 9 beatitudini, infatti ben 7 hanno un termine proiettato al futuro fino all’apice dell’ultima beatitudine che conclude con l’affermazione rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. È l’invito alla gioia e ad esultare… che esultare oggi lo sperimentiamo e lo possiamo comprendere rispetto ad esempio alla partita di calcio nella quale esulto se faccio goal o se la mia squadra del cuore fa goal oppure si esulta quando le cose sono andate particolarmente bene…  esultare, infatti, vuol dire gioire con una forza tale da non poter più tenere dentro quel sentimento che ha bisogno in qualche modo di venire fuori, di esplodere quasi, di coinvolgere tutto il nostro corpo: non più solo il cuore ma anche la voce, le braccia, le gambe… tutto noi stessi freme e non può stare fermo per la gioia.

Il Signore ci invita ad esultare perché nei cieli ci attende una grande ricompensa. La ricompensa di chi essendosi sentito amato e oggetto di cura da parte del Padre su questa terra, non trova ricompensa migliore che l’incontro faccia a faccia con lui.

Possiamo chiederci quest’oggi quanto siamo capaci di gioia e di beatitudine, per la fede che ci è stata trasmessa. Davvero l’incontro col Signore ci fa esultare di gioia? Ed ancora, quanto siamo capaci di essere testimoni verso i più piccoli di questa gioia, del nostro aver fatto esperienza dell’amore del Padre.

Invochiamo lo Spirito affinché ci riscaldi il cuore e ci renda ancora capaci di gioire dell’incontro con Gesù nella nostra vita di ogni giorno; l’esempio e la testimonianza di don Bosco che oggi abbiamo ricordato e festeggiato in oratorio, ci aiuti ad avere a cuore la crescita non solo umana ma anche nella fede delle giovani generazioni perché anche loro, come noi, possano gioire dell’incontro con il Padre.

Di |2017-01-28T21:18:11+01:0029/01/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale

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22 gennaio

III domenica del Tempo ordinario

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Siamo sulla riva del mare, insieme con Gesù e con gli abitanti di Cafarnao. Lui giunge come la grande luce della profezia di Isaia per illuminare il popolo, per aprire i loro cuori all’accoglienza della Parola di Dio, un’accoglienza nuova, che chiede a ciascuno di essere nuovi dentro, di essere capaci di cogliere la novità che il Signore sta seminando nella nostra storia, per farla nostra e portare frutti buoni, frutti di conversione. Sì perché Gesù non inizia a parlare ai pagani, a coloro che della Bibbia o della fede di Israele non sapevano nulla, al contrario, Gesù parla ai suoi connazionali, a quella gente che sapeva bene cosa chiedeva Dio nell’alleanza fatta con i loro padri, con Abramo prima e con Mosè poi…

Il popolo era consapevole di essere il popolo della promessa, i destinatari dell’azione potente di Dio… eppure a loro le prime parole che rivolge Gesù sono proprio quelle nell’ordine della conversione, di annuncio che il Regno dei cieli è vicino. Questo annuncio risuona anche per noi, oggi, il bisogno di conversione, di riconoscere nel presente, nella nostra vita la novità che Gesù è venuto a portare, la novità di Dio. Siamo chiamati ad interrogarci, a convertirci rispetto ad un modo di vivere che ci chiude in schemi precostituiti… pensiamo al popolo di Israele quante leggi comportamentali e rituali aveva e rispettava alla lettera ogni giorno, eppure Gesù dice loro di convertirsi… quante cose facciamo anche noi, oggi, ed anche a noi chiede conversione… ma è da quando sono bambino che mi viene annunciato il Vangelo, che vado a Messa, che prego, che cerco di rispettare i comandamenti… sì, può essere, eppure sono chiamato a convertirmi, a sentire la vicinanza del Signore alla mia vita e alla mia storia e instaurare con Lui una relazione, un incontro, non l’esecuzione di un compito abitudinario.

Ed è quello che è successo alle 2 coppie di fratelli che hanno ricevuto la chiamata, l’invito di Gesù ad andare dietro a lui: all’invito di Gesù ad andare dietro a lui hanno prontamente risposto lasciando le reti per seguirlo. Non si sono posti il problema della barca, di chi avrebbe portato avanti l’azienda di famiglia, di quale sarebbe stata la meta, di quanti chilometri avrebbero fatto ogni giorno, di quale paga avrebbero ricevuto… hanno colto la voglia di quel Maestro di instaurare una relazione personale con loro.

È quanto Gesù chiede anche a ciascuno di noi quest’oggi: vieni dietro a me. Sì, andiamo dietro a lui, diventiamo suoi discepoli nella nostra vita, lì dove la nostra storia ci ha posti, con quelle attività che siamo chiamati a svolgere ogni giorno, eppure riconoscendo in queste che lui ci sta davanti, che stiamo camminando dietro a lui, allora anche le piccole o grandi scelte di ogni giorno assumeranno un sapore diverso, il sapore della gratuità di chi scopre di far parte di quel disegno di novità che Dio ha pensato per l’umanità intera.

Di |2017-01-21T15:53:29+01:0022/01/2017|Senza categoria|Commenti disabilitati su Commento alla Parola domenicale
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