27 novembre
I domenica del Tempo di Avvento (anno A)
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Siamo all’inizio dell’avvento e, quindi dell’anno liturgico, in questa domenica la Chiesa ci invita a riflettere in merito all’attesa, allo stare pronti, all’avere pazienza. Sì, questa è la parola chiave che la nostra Diocesi ha pensato per concentrare la nostra attenzione in questa prima tappa di avvento.
Vegliate perché non sapete… vegliare è un atteggiamento che viaggia insieme alla pazienza, all’attesa pronta. Essere pazienti non vuol dire essere menefreghisti, persone insipide che non sanno di niente e per i quali nulla conta nella vita, per i quali nulla li tocca direttamente, che si chiamano fuori dal gioco della vita. Ed essere pazienti non va confuso nemmeno con l’essere dei lazzaroni, dei lavativi che vivono in perenne attesa che altri facciano al posto loro o che le cose si sistemino da sole senza metterci un dito, senza metterci nessun impegno.
Questa non è pazienza. Essere pazienti vuol dire essere operosi, vivere attivamente, metterci tutto te stesso, fare un passo dopo l’altro, con calma sì, ma il passo lo devi compiere.
Per comprendere la pazienza possiamo utilizzare l’immagine delle relazioni personali. Una relazione non si costruisce in un giorno solo, ha bisogno di tempo perché possa diventare solida e significativa; allo stesso modo ha bisogno di essere continuamente alimentata e coltivata altrimenti si logora e si deteriora. Essere pazienti in una relazione non vuol dire chiamarsi fuori, aspettando solo che sia l’altro a muoversi, essere pazienti vuol dire coltivare la mia parte di relazione, fare tutto ciò che posso fare io, un passo ogni giorno, senza pretendere di giungere alla meta subito, quello no, ma non arriverò mai a destinazione se non faccio nemmeno un passo.
Se questo vale per la nostra vita quotidiana di uomini e donne inserite in un ampio cerchio di relazioni, allo stesso modo vale per la nostra vita di fede: il Signore fa di tutto per venirci incontro, ma se noi non coltiviamo la nostra relazione con lui, se non curiamo con pazienza il nostro cuore perché gioisca dall’incontro con il Signore, perché viva e sperimenti sul serio quell’amicizia, quella solida relazione di cura e di amore con Dio, allora il nostro cuore non sarà pronto, sarà perennemente fermo al punto di partenza ma senza aver mai compiuto nessun passo verso la meta.
Quei due uomini nel campo o quelle due donne alla mola stanno facendo esattamente le stesse cose, non è questione di azioni ma di cuore pronto, vigilante, capace di attesa. Chiediamo al Signore in questa settimana che ci aiuti ad avere un cuore paziente, attento e vigilante, capace di palpitare di amore fiducioso per lui.