113 dicembre

Leggi le letture di questa domenica

Quante domande abbiamo sentito rivolte a Giovanni Battista nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato. La folla vedendo quel profeta tanto particolare, ascoltando la sua parola così provocatoria non può proprio rimanerne indifferente. Ciascuno inizia ad interrogarsi sul significato di quanto il Battista sta annunciando, ma non un significato teorico, la folla non si ferma a fare dei bei ragionamenti. Quelle persone hanno un unico interrogativo che è ripetuto per ben tre volte dalle tre categorie che Luca ci ha presentato: Che cosa dobbiamo fare? Cioè, come possiamo rendere vita autentica, come possiamo trasformare in comportamenti reali ciò che abbiamo sentito annunciare da te, caro Giovanni.

Mi sembra bellissima anzitutto una cosa: la capacità del Battista di far sorgere domande e la disponibilità dei suoi connazionali a lasciarsi provocare. Ci accorgiamo tutti di quanto sia più costruttivo far emergere domande che cercare o offrire solamente delle risposte. Certo è più faticoso interrogarsi sulle cose, eppure è il solo modo per andare sempre più in profondità nella nostra vita. La risposta cercata in modo banale e facile purtroppo si trascina dietro una buona dose di superficialità… pensiamo a quanto è diverso apprendere qualcosa perché hai ricercato, ti sei interrogato, hai approfondito, piuttosto che se hai solo digitato una parola in internet e qualche sito ti ha propinato una risposta… ammesso e non concesso che tale risposta sia poi verificata e corretta…

Ciò che fa Giovanni è quanto vorrebbe fare ogni domenica la Parola di Dio, scavare dentro di noi, provocarci non per darci risposte immediate, ma perché impariamo a porci le domande, ma quelle giuste, quelle profonde per il nostro essere uomini e donne veri, fino in fondo.

Giovanni, quindi, risponde alle domande della folla, dei pubblicani e dei soldati, la nostra diocesi ci ha indicato un verbo che, potremmo dire, le riassume tutte e tre in questo significato comune e unitario. Si tratta del verbo condividere. Cioè “dividere con”… rendere partecipe chi ho accanto, i miei fratelli, di quanto io ho. Condividere è il contrario di trattenere, di tenere per me, di dire solo la parola “mio”. Tutto mio… è il rischio che non sono i bambini più piccoli hanno, ma è un modo di porsi che ci portiamo dietro anche da adulti, se non viviamo con fede anche il nostro avere, il nostro possedere delle cose.

Che coincidenza significativa, che questa parola di condivisione giunga proprio oggi, giorno nel quale tutti i bambini festeggiano l’arrivo di S. Lucia, quei doni ricevuti aprano il cuore di grandi e piccoli alla condivisione, al riconoscere che altri hanno meno possibilità di noi, al non trattenere tutto per noi ma aprire la mia mano tendendola verso la persona che mi passa accanto.

Chiediamo questa grazia al Signore in questa settimana e pian piano il nostro cuore sarà meno carico di cose e creeremo lo spazio per accogliere Gesù che viene nuovamente in noi e per noi in questo Santo Natale ormai alle porte.