22 novembre
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Sei tu il re dei Giudei?
Questa è la domanda che Pilato pone a Gesù e che la liturgia, quest’oggi ci offre nella solennità di Cristo Re dell’universo. Parlando di re e regni, la nostra mente corre immediatamente ai regni umani, quelli che in passato hanno costituito il modo normale di condurre le nazioni e i popoli, quei regni che ancora oggi esistono in qualche nazione. Il nostro immaginario, poi, viene arricchito dai racconti romanzeschi e fiabeschi che in maniera più o meno storica ma ci rimandano un immagine di re e di regno come qualcuno con un potere grande e forte che esercita su un popolo di sudditi chiamati a obbedire, rispettare le leggi, pagare le tasse… un re immerso normalmente nella ricchezza e circondato da consiglieri, servi, damigelle… Quanto è distante però questo dalla celebrazione di quest’oggi… Gesù non è certamente re in questo modo e prova ne è il fatto che dimostra la sua regalità proprio nell’interrogatorio che gli pone Pilato, fino ad essere sul suo vero trono che è la croce. È da lì che Gesù, infatti, esercita il suo essere re, non ha ricchezza se non quella della verità che è venuto a portarci e cioè la verità dell’amore che il Padre nutre per ogni uomo, non ha potere, se non quello di accogliere la nostra volontà di stare con lui oppure di andare per la nostra strada, non ha servitori ma amici, come dirà in un altro passo del Vangelo: non vi chiamo servi ma amici…
Ed in questo suo essere circondato di amici si inserisce la celebrazione che la nostra diocesi ci propone quest’oggi: la giornata del nostro seminario diocesano.
Il seminario, quella grande casa abitata da tanti ragazzi e giovani… che si stanno interrogando in merito a cosa il Signore chiede alla loro vita, cosa il Signore sta proponendo loro per vivere una vita piena e felice. Credo che sia bello e importante questo… non è la casa di chi diventa prete, ma di chi si interroga, e allora la risposta che ciascuno può trovare può essere diversa, non è univoca e non è una perdita di tempo se uno come risposta trova che la sua chiamata è ad essere padre di famiglia o ad essere qualcuno che si occupa del bene dei propri fratelli in un’altra direzione in un altro modo. Alcuni di questi, però, il Signore li chiama proprio a diventare suoi collaboratori diretti, li chiama a diventare sacerdoti, sia io che don Gianni abbiamo abitato il seminario prima di diventare sacerdoti e viviamo con gratitudine e riconoscenza il cammino svolto perché ci ha portato ad incontrare sempre di più il Signore sentendolo vicino alla nostra vita.
Potremmo dire che la vita del seminarista non è poi così distante dalla vita di ogni ragazzo, adolescente o giovane… in seminario si studia, c’è la scuola con tutto quello che questa realtà comporta (compiti, verifiche ecc.), in seminario si vive a stretto contatto con altri compagni a tempo pieno, si gioca con loro, si mangia con loro, si fanno tutte le attività più ordinarie di una giornata vivendo insieme ai propri compagni come una grande famiglia… ma tutto questo è legato da un filo che dà sapore al cammino, è il filo della preghiera, della relazione con il Signore che in ogni tratto di cammino si coltiva e si arricchisce per riuscire a conoscerlo sempre meglio e comprendere di più cosa ci rende felici, per cosa comprendiamo valga la pena di spendere la nostra vita.
Quest’oggi preghiamo anzitutto per il seminario, per i ragazzi che lo abitano e in particolare per Andrea, giovane della nostra parrocchia che sta facendo questo cammino; preghiamo per i superiori e i professori del seminario perché li aiutino a conoscersi meglio e conoscere sempre più il Signore, preghiamo per quanti in seminario prestano la loro opera professionale e preghiamo per i ragazzi e i giovani della nostra diocesi perché ancora possano avere il coraggio di chiedersi: “Signore come vuoi che io realizzi pienamente la vita che tu mi hai donato?”.