11 settembre
XXIV domenica del Tempo Ordinario
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Quanta gioia in cielo… tutte le parabole raccontate da Gesù nel Vangelo di oggi, sembrano andare in questa direzione: quella della gioia per il ritrovamento o il ritorno del peccatore.
Gesù seduto a mangiare con i peccatori è proprio il segno concreto di quella ricerca che il pastore fa, di quel ribaltare la casa come quella donna che non trova più la sua moneta, il segno dell’attesa trepidante del padre che confida nel ritorno del figlio che se n’è andato di casa, che se n’è andato lontano da lui…
È proprio l’esperienza del peccato, quella che ci fa perdere, ci fa allontanare pensando e illudendoci di aver in mano noi la ricetta giusta per la nostra vita, di sapere cosa è meglio per noi… come la pecora che lascia il gregge, che ha rivolto il suo sguardo verso altro che non fosse il pastore, non si è fidata di lui e si è dispersa nel deserto, così per quella moneta nascosta nelle fenditure di un pavimento sconnesso come poteva essere quello di una casa dell’epoca di Gesù…
O come il figlio che non riconosce più il padre e chiedere di avere l’eredità prima della morte del genitore per cercare il senso della propria esistenza da un’altra parte, lontano dalla casa che si è presa cura di lui…
La tentazione dell’allontanamento da Dio, della ricerca di altro, di una libertà che ha più il sapore della rivendicazione di un personalismo che non la piena realizzazione di sé.
Ma Dio non ci abbandona, rimane dalla nostra parte, ci viene a cercare se ci siamo smarriti, ci attende fiducioso se abbiamo deciso di andarcene…
Ha mandato in mezzo a noi suo figlio proprio come segno di questa ricerca di quanti si sono persi sulle strade del peccato, ha annunciato a tutti gli uomini che l’essersi smarriti o allontanati da lui non è un per sempre, ma lui è misericordioso, il suo cuore è inquieto finché non torniamo a lui e quando questo avviene? Allora c’è festa… fa festa il pastore, fa festa la donna, fa festa il padre…
L’unico a non voler far festa è il fratello maggiore, il quale più che figlio si sente servo e cova nel suo cuore un risentimento grande nei confronti del padre, sono proprio quei farisei che mormorano contro Gesù e il suo atteggiamento misericordioso e accogliente.
Il Signore metta nel nostro cuore la sua stessa gioia per ogni volta che ritorniamo a Lui, che riconosciamo solo in Lui la guida sicura per il nostro cammino, chiediamogli quindi la grazia di essere misericordiosi con noi stessi, il che non vuol dire vivere nel lassismo, ma riconoscere che cambiare si può e che ritornare al Padre significa incontrare il suo abbraccio amoroso. Ma non solo, chiediamogli la grazia anche di saper essere misericordiosi verso i nostri fratelli, entrando a fare festa per il loro ritorno.