26 giugno
XIII domenica del Tempo Ordinario
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Il brano di Vangelo che la liturgia ci ha proposto quest’oggi ci pone dietro a Gesù che si sta mettendo in cammino verso Gerusalemme, verso il dono totale della sua vita per noi. Proprio in questo contesto ci vengono delineate alcune caratteristiche proprie del discepolo, del cristiano, di chi vuole seguire il Maestro.
Anzitutto Gesù non prende per il collo nessuno. Gesù non obbliga a seguirlo, ad accoglierlo, a riconoscerlo come il Figlio di Dio. I due discepoli Giacomo e Giovanni, in questo, molto zelanti, avevano frainteso il loro incarico di messaggeri, al punto di prospettare la distruzione di quel villaggio che rifiutava l’incontro col Maestro. Ma Gesù accoglie il rifiuto, così come accoglierà quello ben più grave e risolutivo che lo attende a Gerusalemme. Gesù, quindi, anzitutto non obbliga ma invita lasciandoci liberi.
Inoltre il discepolo che riconosce la possibilità di mettersi alla sequela di Gesù è chiamato a lasciare e qui Gesù ci pone di fronte ad un’escalation… lasciare il nido… non tanto o non solo la casa, il luogo dove poggi il capo la sera per riposare… ma sono le sicurezze sulle quali fondiamo la nostra esistenza, tutte quelle certezze, tutte quelle cose che ci rassicurano che ci fanno stare tranquilli, che in un certo senso sono proprio come un nido o una tana per gli animali: il rifugio protetto e rassicurante… in quante cose cerchiamo rifugio ogni giorno… Gesù invece ci dice che il vero rifugio è lui, che dobbiamo abbandonarci con fiducia perché lui sarà il riparo sicuro…
Non solo, Gesù calca la mano, quando sembra impedire il funerale del padre a quello che ha chiamato a seguirlo. Gesù non è un cinico insensibile che non permette di vivere il dolore del lutto, tutt’altro, questo invito è il segno che vivere la gioia dell’annuncio della scoperta del regno di Dio viene prima di ogni altra cosa… va’ e annuncia…
Allo stesso modo il congedarsi, il salutare quelli di casa… non è la sfacciataggine di fuggire di casa senza salutare, la maleducazione… ma ancora è il segno della necessità di tradurre nella vita l’esperienza di grazia che si sta vivendo, allora non guardarti indietro, guarda avanti nella tua vita, se ti guardi indietro rischi la nostalgia, rischi di vivere in un passato che non ritorna… tieni con te il passato, con riconoscenza per quanto ti ha insegnato, per quanto hai vissuto, ma non puoi rimanere voltato indietro altrimenti perderai la direzione di quell’aratro, nella nostra vita quanto è importante imparare sì da ciò che abbiamo fatto e vissuto ma anche sapercene distaccare con molta libertà, senza gli illusori sospiri di quanto erano belli i tempi passati…
Il Signore ci offre la libertà, libertà da noi stessi, dal riconoscimento degli altri, libertà dalle illusioni del passato… chiediamogli di saper accogliere questo invito per liberarci dalle catene che spesso ci bloccano e non ci permettono di seguirlo con gioia e fiducia.