14 febbraio
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Come ogni anno, in questa prima domenica di quaresima ci viene presentato Gesù che, nel deserto viene tentato da Satana. Quei quaranta giorni ci ricordano molto da vicino i 40 anni del popolo di Israele trascorsi nel deserto per passare dall’Egitto alla Terra Promessa. Anni di tentazioni, anni di purificazione per raggiungere un’autentica libertà dell’anima, la libertà dall’Egitto che andava al di là della pura libertà fisica di non essere più tenuti schiavi da parte del Faraone, ma una libertà ben più profonda, quella di chi riconosce la propria dignità e l’amore che Dio ha per ogni uomo.
Gesù nel deserto ci ricorda questo: quanto è grande la dignità di noi uomini… al punto da poter andare al di là delle cose, di quei beni senza i quali ci sembra a volte mancarci la terra sotto i piedi, quelle cose che a volte identifichiamo con la nostra stessa vita, con la nostra esistenza…
Gesù va nel deserto, il luogo dove si sperimenta l’assenza, la precarietà, la sobrietà… è lì che scopri la grandezza del tuo essere uomo e donna, nel venir meno di tutte le illusioni materiali che, quasi come dei miraggi, ti tengono ancorato al loro possesso… potremmo dire quasi schiavizzandoti perché ti stringono in una morsa spietata, nella quale si invertono i ruoli: mentre tu credi di possedere le cose, in realtà sono loro a possedere te perché non riesci più nemmeno ad immaginare e ipotizzare la tua vita senza certe cose, certi beni divenuti ormai di prima necessità…
Proprio davanti a questa Parola di Dio, il nostro cammino diocesano di quaresima ci propone un verbo che immediatamente siamo soliti collegare al cibo, ma forse non è il caso di dargli questa esclusiva: DIGIUNARE.
In senso stretto, appunto, digiunare vuol dire non mangiare, è ciò che Gesù a fatto nel deserto per quei 40 giorni. Ma digiunare è quanto siamo chiamati a fare anche noi, non evitando di mangiare per tutta la quaresima, ma ponendo qualche gesto significativo che ci faccia riconoscere nuovamente la nostra dignità di uomini e donne capaci di essere superiori alle cose che abbiamo.
Inoltre questo verbo è connesso alle due opere di misericordia corporale dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Il nostro digiuno non sia fine a sé stesso, ma questo digiuno ci apra gli occhi nei confronti di quanti sono in situazioni di disagio o di bisogno, ci permetta di incontrare il loro sguardo, di comprendere un po’ più da vicino la loro situazione, di sentirli un po’ più fratelli. Questo cammino di quaresima ci aiuti ad avvicinarci a noi stessi, ricavandoci dei tempi per coltivare la nostra interiorità, ci avvicini al Signore riconoscendolo come colui che ha vinto le tentazioni e ci aiuta nel nostro cammino quotidiano… e ci avvicini a quanti incrociamo nella nostra vita riconoscendoli sempre più come nostri fratelli.